Non saprei dire quanti siano coloro che ricordino nitidamente la politica energetica condotta dal monopolio statale negli anni Ottanta del secolo scorso e quanti, tra questi, riconducano a quella scellerata “conduzione” i guai odierni del vertiginoso aumento di gas ed elettricità. Sarà quindi un bene, per il lettore, fare un salutare salto all’indietro ricordando le scelte e le decisioni che furono prese in quel tempo. Si cominciò con la cosiddetta crisi energetica del 1973 ed il correlato aumento del prezzo del petrolio, come conseguenza della guerra arabo-israeliana dello Yom Kippur (la ricorrenza religiosa ebraica che celebra il giorno dell’espiazione) allorquando Egitto e Siria aggredirono lo stato ebraico nell’ambito dell’annosa ed intricata controversa territoriale che divideva i due popoli. Una nuova crisi arrivò nel 1979, sempre a causa dell’aumento del greggio arabo scatenato, questa volta, dalla rivoluzione khomeinista in Iran che trasformò la monarchia di quel paese (quella dello Scià di Persia) in una repubblica islamica sciita. In entrambi i casi, l’Italia pagò a caro prezzo una politica di dipendenza energetica troppo legata all’approvvigionamento estero nonostante la presenza, entro i propri confini, dell’Eni (Ente Nazionale Idrocarburi), la multinazionale creata come ente pubblico nel 1953 sotto la presidenza di Enrico Mattei, attiva proprio nel settore del petrolio (ma non solo in quello). Ecco il primo nodo mai sciolto delle scelte energetiche di casa nostra: non aver puntato sul rafforzamento del mercato interno preferendo, all’opposto, sottomettersi in toto agli interessi americani in Medio Oriente. Per paradosso, qualche decennio prima, si era già nazionalizzata l’Enel facendone un nuovo carrozzone politico in mano al partito socialista, come quota parte delle spartizioni di potere che andavano di moda in quegli anni. La mancanza di libertà d’impresa e di decisioni manageriali che andassero contro gli interessi politici clientelari dei partiti dell’epoca, fecero di quella azienda uno dei tanti ammortizzatori sociali politicizzati. Anche in questo caso il monopolio statale aveva tagliato le ali ad ogni forma di competizione e di iniziativa nel campo dell’approvvigionamento energetico ancorché i petrolieri italiani guadagnassero cifre favolose con l’importazione e gli impianti di raffinazione del cosiddetto “oro nero”. Insomma la solita solfa dello statalismo: pubblicizzare le perdite e privatizzare i guadagni in un immobilismo che non turbasse gli equilibri politici e speculativi raggiunti. Ma un governo non può mai combinare tanti guai in nome della pubblicità del servizio, che viene confusa con la necessità di un gestione statale del servizio medesimo, senza che i governati siano anche complici di chi li governa. A creare questa acquiescenza e la diffusione di un ecologismo senza limiti ci pensarono i Verdi e le associazioni ed esso collegate. Furono quelli i tempi in cui l’Italia scopriva il rispetto dell’ambiente, intransigente e ad oltranza, soprattutto a sinistra. Fu così che innanzi ad una crisi energetica ciclica ed ai danni che questa produceva per le famiglie e le imprese non “assistite”, si sviluppò un vasto movimento di contrasto ad ogni ipotesi di impiantare raffinerie, stoccare riserve, impiegare l’energia nucleare. Non è marginale ricordare che grandi imprenditori proprietari di giornali molto seguiti, come ad esempio Carlo De Benedetti, lucravano in quel settore con le centrali a carbone, acquistando all’estero l’energia elettrica per poi rivenderla allo Stato ed ai privati. Proprio col sostegno di quella stampa (e di quella politica ignava e miope) la presenza delle centrali atomiche in Italia fu sottoposta a referendum abrogativo, vinto largamente dai cosiddetti “ambientalisti”. Centrali già in corso di costruzione furono così smantellate con costi altissimi per i contribuenti. In poche parole: la volontà e l’ignoranza sovrana del popolo contribuirono a far vincere la paura ed a decretare nel 1983 l’abrogazione della legge sul nucleare. Ci siamo così trascinati prigionieri di questa idea di dover vivere esenti da ogni complicazione ed abbiamo bocciato ogni ipotesi di intervento tecnologico sulla base dell’esasperazione e della contraffazione delle idee innovative. Così fu per il trattamento dei rifiuti in molte regioni e così per i gassificatori che peraltro non producono inquinamento alcuno. In ogni luogo, oggi, si discute del caro bollette e tutti gli ecologisti passati e presenti si mimetizzano oppure aizzano la gente ad invocare più pale eoliche e pannelli solari, a chiudere impianti di estrazione del gas di cui e pieno l’Adriatico e che viene pompato dai paesi nostri dirimpettai come la Croazia. Verdi fuori e rossi dentro, sono perlopiù gli estremisti ed i catastrofisti di sempre ad avere la meglio. Il restante popolo si è già assolto da ogni colpa. Ed i nodi tornano al pettine.