Il mondo è meno oscuro con una stampa libera

Maria Bertone

E’ nei momenti di difficoltà che si riesce a dare il giusto peso alle cose. Quelle che in tempi di pace dai per scontate, come se piovessero dal cielo e per questo qualche volta ti chiedi pure: “Ma che le paghiamo a fare?”. L’informazione è l’esempio lampante. Per molti anni la propaganda qualunquista del Movimento 5 Stelle ha additato come nemico da abbattere l’informazione libera. Quella delle redazioni formate da cooperative di giornalisti che, grazie al fondo per il pluralismo, hanno raccontato e raccontano l’Italia nei suoi teatri di guerra. Le periferie metropolitane, soprattutto, come quelle di Napoli, Roma, Palermo o Milano. Quei giornalisti valorosi che giorno dopo giorno, a rischio della propria vita, raccontano le guerre di camorra, di ‘ndrangheta, di mafia, restando a vivere e a lavorare nei territori “caldi” perché non vogliono accettare l’idea che la loro terra cada nelle mani dei barbari. Oggi sono i conflitti internazionali che ci preoccupano, soprattutto. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin, che ora conta tra le sue vittime anche un giornalista americano, Brent Renaud. Un regista pluripremiato, come rivela The Guardian, che raccontava al mondo gli sviluppi del conflitto dalle colonne del New York Times. Un fotografo, anche lui statunitense, Juan Arredondo, è rimasto ferito. Con l’uccisione di Renaud non è morta solo una persona che faceva il suo lavoro. E’ morta una parte di noi che si trovava lì, dove la paura scandisce ogni attimo della vita di esseri umani come noi. Dove le bombe cadono senza sosta, dove i bambini piangono, dove il cibo e i beni di prima necessità scarseggiano, dove fischiano i proiettili, dove la morte è sempre in agguato. Senza Renaud, senza le centinaia di giornalisti che raggiungono i teatri di guerra per raccontarci cosa succede, oggi brancoleremmo nel buio. Nella marea indiscriminata di post e tweet e fake news di regime che oggi riempiono il web. Non potremmo contare su una informazione autorevole, affidabile, professionale, per conoscere il nostro presente. Questo è vero tanto per Kiev che per Forcella, lo Zen, Tor Bella Monaca o il Quarto Oggiaro. In Italia è ancora in corso una guerra che fa morti dei quali si parla sempre troppo poco. Per fortuna ci sono i cronisti locali a documentare e a pubblicare il racconto di ciò che accade. E intanto è in corso di attuazione un piano scellerato elaborato da Beppe Grillo e attuato da Vito Crimi per eliminare i piccoli giornali che accedono al fondo pubblico per il pluralismo dell’informazione a vantaggio dei giornali di John Elkann, Francesco Gaetano Caltagirone, Urbano Cairo, Carlo De Benedetti e miliardari vari. Un progetto che mira a far fuori l’informazione in Italia, a tutto vantaggio degli interessi dei grandi gruppi imprenditoriali. Gli unici rimasti a difendere la libertà di stampa sono Papa Francesco, che nell’Angelus di domenica 6 marzo ha sottolineato l’importanza del lavoro degli operatori dell’informazione (“Vorrei ringraziare anche le giornaliste e i giornalisti che per garantire l’informazione mettono a rischio la propria vita. Grazie, fratelli e sorelle, per questo vostro servizio! Un servizio che ci permette di essere vicini al dramma di quella popolazione e ci permette di valutare la crudeltà di una guerra”), e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha più volte ricordato la dignità costituzionale del principio del pluralismo: “Il pluralismo informativo è un valore fondamentale per ogni democrazia, che va difeso e concretamente attuato e sostenuto”, disse nel 2018, subito dopo i feroci attacchi del Movimento 5 Stelle ai giornali liberi. Due voci isolate in un panorama politico che va da Berlusconi a Salvini, da Renzi a Di Maio, in cui nessuno ha mostrato un minimo di sensibilità per questo tema, anzi. Hanno fatto di tutto perché sopravvivessero solo i giornali degli editori “impuri” (attivi anche in altri settori). Quelli coi quali, per ovvie ragioni, è più facile trattare.

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