ROMA – I vescovi italiani lanciano un grido d’allarme sulla strage pressoché quotidiana delle morti sul lavoro. “Lo scenario che abbiamo davanti è drammatico: nel 2021 sono stati 1.221 i morti, cui si aggiungono quelli ‘ignoti’ perché avvenuti nelle pieghe del lavoro in nero, un ambito sommerso in cui si moltiplicano inaccettabili tragedie”, è il monito della Cei che commenta i dati Inail in vista del primo maggio, festa dei lavoratori.
Due casi solo lo scorso lunedì: uno in Puglia e l’altro in Lombardia. A Martina Franca, in provincia di Taranto, un 30enne è rimasto folgorato dopo che il braccio meccanico che stava manovrando ha toccato i fili dell’alta tensione. A Mantova, invece, un operaio di 52 anni è morto dopo essersi ribaltato con il muletto che stava guidando all’interno di un cantiere.
“Ogni evento che si verifica è una sconfitta per la società nel suo complesso”, denuncia la Cei. “Ogni incidente mortale segna una lacerazione profonda sia in chi ne subisce gli effetti diretti, come la famiglia e i colleghi di lavoro, sia nell’opinione pubblica”.
Secondo l’Osservatorio nazionale delle morti sul lavoro, dall’inizio del 2022 i lavoratori che hanno perso la vita sono 287: di questi 151 sono morti proprio sui luoghi di lavoro, i rimanenti lungo il tragitto e sulle strade. “Un Paese che cerca di risalire positivamente la china della crisi non può fondare la propria crescita economica sul quotidiano sacrificio di vite umane”, proseguono i vescovi che rammentano l’importanza della sicurezza: vanno realizzati “interventi di sistema sia a carattere statale, sia a livello aziendale”.
È fondamentale “investire sulla ricerca e sulle nuove tecnologie, sulla formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro, ma anche inserire nei programmi scolastici e di formazione professionale la disciplina relativa alla salute e alla sicurezza nel lavoro”, spiega la Cei che ribadisce quanto sia essenziale anche “che lo Stato metta in atto controlli più attenti, che diventino uno stimolo alla prevenzione degli infortuni”.
Se tutti – “a partire dalle istituzioni e dalle parti sociali” – si uniranno “nel contrasto degli eventi infortunistici” si avrà “una vera svolta”, sottolineano i vescovi. Per questo “è necessario risvegliare le coscienze”, perché solo grazie a “un’assunzione di responsabilità collettiva – concludono – si può attuare quel cambiamento capace di riportare al centro del lavoro la persona, in ogni contesto produttivo”.
di Giusi Brega