NAPOLI – Non era la nostalgia di casa a spingere Michele Olimpio, ritenuto il reggente del clan Mallardo, a chiedere la tribunale di Vercelli i permessi per raggiungere Giugliano, dove periodicamente, il 62enne veniva autorizzato a scontare parte della detenzione ai domiciliari nell’abitazione della sorella Pasqualina. Per giustificare l’esigenza di trasferirsi per qualche settimana da Busano, città in provincia di Torino, dove Michele Olimpio scontava ai domiciliari una condanna per omicidio, il 62enne otteneva falsi certificati medici da un odontoiatra di Giugliano, il dottor Antonio Ciccarelli – anch’egli destinatario di misura restrittiva – il cui studio è ubicato in via Aniello Palumbo. Michele Olimpio utilizzava questo stratagemma per tornare a Giugliano e mettere in riga gli affiliati del clan. “Quando il gatto non c’è, i topi ballano. Quando sto io a Giugliano, tutti si comportano come dei soldatini”. Sono le parole intercettate dagli uomini della Dia, che nella mattinata di martedì hanno eseguito 25 arresti nell’inchiesta sull’associazione a delinquere finalizzata alle estorsioni, alle truffe ai danni dello Stato e all’intestazione fittizia di beni, a cui gli indagati rispondono a vario titolo. Il filone è nato quando le forze dell’ordine hanno scoperto i veri motivi per i quali il reggente del clan, chiedeva con insistenza permessi per raggiungere la città di Giugliano.
Da quanto emerge dall’ordinanza che ha accompagnato gli arresti che hanno spedito 17 in carcere e otto ai domiciliari, il 62enne aveva bisogno di controllare gli uomini del clan, perché durante le estorsioni, pare che gli affiliati non eseguissero gli ordini. Anzi, in più di un’occasione, il pizzo è stato chiesto ad imprenditori che non comparivano nella lista autorizzata da Michele Olimpio. In più di un’occasione, inoltre, gli uomini della cosca intascavano la tangente, senza annotarlo nei libri contabili del gruppo criminale. In più di un’occasione Michele Olimpio ha chiesto ai parenti di contattare lo studio del dottor Antonio Ciccarelli per la redazione dei certificati medici. In qualche occasione il dentista ha accettato di richiedere un periodo inferiore a quello indicato dal ras. “Quello se la fa addosso”, hanno commentato in più di un’occasione i sodali di Olimpio che avevano il compito di comporre il numero fisso dello studio di odontoiatria per ottenere il finto certificato medico. Nell’inchiesta condotta dalla Dda, al termine della quale gli uomini della Dia hanno catturato 25 indagati (ne sarebbero stati 26, ma uno degli indagati, Giovanni Papa è morto prima che l’ordinanza venisse firmata), è stato ricostruito il metodo in cui il clan taglieggiava cantieri edili e negozi. Sui lavori di edilizia, la cosca pretendeva il 5%. Una vittima ha ottenuto lo sconto di mille euro, perché autorizzava l’ingresso gratuito ai familiari degli affiliati al clan nella piscina che gestiva.
Individuata e bloccata la rete dei prestanome
Tra i reati contestati a vario titolo alle 25 persone destinatarie dei provvedimenti restrittivi portati a termine dagli uomini della Dia su disposizione della Dda c’è l’intestazione fittizia di beni. Secondo gli investigatori, il clan Mallardo poteva contare anche su una rete di prestanome, a cui venivano intestate per lo più attività commerciali, in realtà gestite direttamente dal clan. Nell’ordinanza figurano anche i nomi della nuora di Michele Olimpio, Angela D’Alterio, e l’imprenditrice Rosalba Taglialatela, proprietaria del ristorante ‘Boccadoro’ di Aversa. Le due donne risultano indagate a piede libero. D’Alterio sarebbe risultata la proprietaria di un’agenzia di scommesse. Taglialatela, invece di una pompa di benzina al 50 per cento col padre Giovanni, anch’egli indagato a piede libero. Le due attività si trovano a Casacelle e poste sotto sequestro.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA