MILANO – Nel giorno del lutto e della macchina dei soccorsi che si è attivata per la tragedia della Marmolada, legata a temperature e cambiamenti climatici, va in scena un Consiglio dei ministri ad hoc con la dichiarazione del solo stato di emergenza per la siccità. Rimandata a data successiva l’approvazione del Dl con le misure di contrasto alla siccità, potenziamento delle infrastrutture idriche e la nomina del Commissario con poteri straordinari.
Rispettate le attese di alcune Regioni che avevano chiesto lo stato di emergenza che nell’immediato comporta ‘ristori’ per le spese sostenute – come botti, autopompe e il pescaggio dell’acqua a profondità di falda più elevate – mentre per i danni all’agricoltura se ne discuterà in fase successiva con il ministero. Il governo ha stanziato 36,5 milioni per 5 Regioni: Lombardia (9), Emilia Romagna (10,9), Piemonte (7,6), Friuli Venezia-Giulia (9), Veneto (4,8). Per Lazio e Umbria si dovrà attendere mentre in serata si è aggiunta anche la Liguria che ha avviato le procedure di richiesta, come annunciato dal governatore Giovanni Toti, che ha definito il livello di ‘alta severità idrica’ per tutto il territorio ligure.
Anche la nomina del Commissario straordinario slitta a data da destinarsi. L’uomo per l’emergenza siccità avrà il compito fino al 31 dicembre 2024 di portare a compimento le opere pubbliche in campo idropotabile come acquedotti, invasi, fognature, depuratori.
Dovrà districarsi fra il decisionismo che i poteri straordinari del Commissario garantiscono da una parte, e gli equilibri politici e finanziari dall’altra. In particolare nei confronti delle Regioni del nord.
Il tema è sì quello “delle risorse” che devono essere “adeguate” per “finanziare interventi emergenziali” ha detto oggi il governatore Toti. Ma anche “consentire il ristoro a chi ha patito”, ha aggiunto il suo assessore alla Protezione civile, Giacomo Giampiedrone. Il Piemonte di Alberto Cirio ha già chiesto 250 interventi per 112 milioni di euro. Da Milano e Palazzo Lombardia, sede della giunta regionale, si inseguono voci che vedono invece la prima Regione ad essere andata in crisi idrica poco interessata a commissariamenti di fatto da Roma per accelerare lavori sulle proprie infrastrutture idriche potabili e per approvvigionamento civile nei Comuni.
Problemi che ritengono di non avere – sostengono. Vorrebbero invece un subcommissario all’Autorità di Bacino del Po che abbia il potere di imporre al vicino Trentino di allargare le maglie dei propri laghi. Obiettivo: salvare campi e raccolti ma senza che sia messa in discussione la propria gestione della risorsa acqua. La figura è prevista dalle stesse bozze di decreto circolate: il Presidente del Consiglio e il Commissario straordinario siccità possono, d’intesa con i Presidenti di Regione, nominare subcommissari in un numero ancora indefinito. E oltre alla Lombardia questa richiesta potrebbe ricostituire l’asse dei governatori del Nord interessati dal bacino del primo fiume d’Italia.
L’ultimo nodo della gestione commissariale riguarderà il rapporto con altre strutture dello Stato: dalla Sogesid (la società pubblica di ingegneria) al Commissario Unico Depurazione – oggi guidato dal prof. Maurizio Giugni che dal 2017 ha il compito di impedire che l’Italia riceva ogni 6 mesi una multa da 30 milioni di euro dall’Europa a causa del proprio ciclo delle acque reflue e l’assenza di depuratori oltre che gestori del servizio idrico integrato in varie zone della penisola – fino al presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, Massimo Sessa, che è anche commissario dell’Acquedotto ‘Peschiera’ di Roma i cui lavori di messa in sicurezza valgono 2,3 miliardi di euro. Per chiudere con Angelica Catalano che guida la Direzione generale per le dighe con attività di vigilanza e controllo su 532 grandi dighe italiane gestite in concessione o affidate dalle Regioni a circa 140 soggetti differenti. In Sardegna è commissaria straordinaria su 11 opere delle 14 complessive.
(LaPresse)