Allarme ‘Biondo Tevere’. La grave siccità che sta colpendo l’Italia ha reso anche il fiume romano irriconoscibile. Uno dei corsi d’acqua principali dell’Italia ha raggiunto i livelli più bassi del secolo, che non sono stati raggiunti neanche nel 2013 e 2017, quando furono toccati i record negativi.
Situazione gravissima, apparsa chiara giorni fa quando sono emersi persino gli antichi resti del Ponte Neroniano. “Sta scendendo di 5 centrimetri al giorno”. E’ l’allarme lanciato a LaPresse da Andrea Renna, direttore generale di Anbi (Associazione Nazionale Consorzi di gestione e tutela del territorio e acque irrigue) Lazio.
“Sembra a tratti paludoso, ha il minimo deflusso vitale dovuto all’acqua che arriva dalla diga di Corbara. Registriamo un deflusso minimo tra 70 e 100 metri cubi al secondo, quello medio registrato nei periodi di magre èstato di 270 metri cubi”. A dirlo a LaPresse è Erasmo D’Angelis, Segretario Generale dell’Autorità di bacino distrettuale dell’Appennino Centrale. Una condizione “mai vista a memoria d’uomo” dovuta alla scomparsa “dei 42 affluenti del Tevere, che non ci sono più”.
Drammatica anche la situazione in tutta la provincia, dove laghi e fiume si stanno ritirando, come emerge dai dati Anbi. “A Roma, dall’inizio dell’anno, è piovuto il 63% in meno, basti pensare che nel maggio del 2004 sono caduti tra i 20 e 140 mm di pioggia mentre a maggio del 2022 sono caduti tra i 10 e i 30 mm. L’Aniene è praticamente dimezzato rispetto alla portata media e Sacco segna il dato più basso in anni recenti, il lago di Nemi è di oltre 1 metro più basso del 2021 e Bracciano è a -32 centimetri dal livello dello scorso anno”.
La situazione è di estremo allarme, “se piove poco e non riusciamo a canalizzare diventa complicato. Attualmente, della sempre più rara risorsa piovana, recuperiamo solamente l’11%, questo dato, influenzato da un territorio in continuo mutamento demografico, sempre più permeabile, e da fenomeni alluvionali concentrati in lassi di tempo ristrettissimi, deve necessariamente migliorare” – spiega Renna.
Vengono stimati oltre ai danni all’agricoltura, 6,5 milioni di aumento dei costi elettrici dovuti ad un raddoppio della tariffa al kWh, ad un’apertura anticipata della stagione irrigua a febbraio e ad un rapporto deficitario della resa delle pompe di sollevamento a livelli bassi.
“Durante l’inverno appena trascorso abbiamo assistito a fenomeni di irrigazione di supporto per il grano e all’apertura anticipata della stagione irrigua consortile per evitare che colture di pregio ma dallo scarso fabbisogno idrico andassero in sofferenza”, ha spiegato Renna.
di Valentina Bombardieri