Il 12 agosto 1944, tre giovani carabinieri, Alberto La Rocca, Fulvio Sbarretti e Vittorio Marandola, decisero di sacrificare le loro vite offrendosi ai tedeschi, in cambio della salvezza di dieci inermi cittadini presi in ostaggio dai soldati di Hitler. Questi ultimi si sentivano traditi dall’ex alleato, dopo l’armistizio che Vittorio Emanuele III, per il tramite del generale Badoglio, aveva firmato con gli Alleati, l’8 settembre del 1943. Poco prima, il 25 luglio di quello stesso anno, il gran consiglio del Fascismo aveva sfiduciato il duce Benito Mussolini riconsegnando le sorti della nazione nelle mani del regnante di Casa Savoia. Di episodi come questi è piena la storia della seconda guerra mondiale sia per l’abnegazione e la fedeltà dell’Arma, sia per gli atti di eroismo compiuti dal regio esercito che, in buona parte, riorganizzato alla meno peggio, combatteva con gli anglo americani per liberare l’Italia dall’invasore, coadiuvato dalle numerose formazioni partigiane che si erano costituite aggregando fuoriusciti e sbandati. Anche i vecchi partiti politici democratici, sciolti dal regime fascista, andavano riorganizzandosi sostenendo con i loro dirigenti e militanti la guerriglia anti nazista. In questo clima maturarono atti di eroismo e, purtroppo, eccidi e feroci rappresaglie da parte dei tedeschi in ogni parte dell’Italia non ancora liberata. Nel frattempo molti giovani ed ex combattenti, imbevuti dell’ideologia fascista, avevano seguito il duce ed i suoi gerarchi fedeli, nell’avventura della Repubblica di Salò, il ricostituito regime fascista nell’Italia del Nord. Molti aderirono come segno di coerenza ideale e di riprovazione del tradimento italiano. Oltre alla guerra “militare”, combattuta da eserciti contrapposti la nazione dovette così, subire anche quella civile. Tuttavia la mano vindice dei nazisti fu pesantissima contro la popolazione civile e le stragi non si contarono più. Dalle Fosse Ardeatine a Roma (con 335 civili ammazzati), alla mattanza di Sant’Anna di Stazzena, la scia di sangue fu lunghissima e tragica. Si calcola siano state circa seimila le esecuzioni e gli eccidi cosiddetti minori con circa venticinquemila vittime fatte dai nazisti. Come si possa dimenticare l’eroismo di tanti martiri e come possa essere dispersa l’intima natura di generosità e di sacrificio di un popolo tramutatosi in vile e cinico sarà compito degli storici e dei sociologi appurarlo. Avvinti dalla rincorsa del benessere diffuso, dall’allargamento della base della ricchezza e quindi dalla nascita della classe media, dalla trasformazione del proletariato in piccoli borghesi, abbiamo finito col perdere i valori fondativi e distintivi di un intero popolo. Nei loro scritti presaghi Pierpaolo Pasolini, Cesare Pavese, Alberto Moravia, Ignazio Silone, Italo Calvino, Leonardo Sciascia avevano avvertito quale potesse essere il conto da pagare per la perdita dei sentimenti popolari, l’oblio delle tradizioni e la dimenticanza delle radici culturali. Il problema è chi li legge questi autori oggi e se sì, dove può farlo? Ci siamo via via americanizzati nei costumi, nell’informazione radio televisiva (la più incidente sui mass media). Ci siamo infognati sui social ove ciascuno si rappresenta per quello che non è mai stato per elevare le proprio opinioni senza alcuna remora. Della scuola come ammortizzatore sociale per disoccupati laureati e meridionali, alla trasformazione della didattica in accoglienza sociale, fino alla legittimazione dell’ignoranza, abbiamo già scritto e comunque sia è sotto gli occhi di tutti. Non è un caso se siamo appena sopra il Ghana, oltre il 170esimo posto, come efficienza scolastica e secondi dopo l’Irlanda nella classifica di coloro che non comprendono il testo che leggono. Viviamo dentro uno Stato con una Costituzione datata nella sua seconda parte ed in cui parole come merito e concorrenza sembrano bestemmie in chiesa. Fummo coloro che diedero vita al Rinascimento con i suoi geni, possediamo oltre la metà dei giacimenti culturali e storici presenti sulla faccia della Terra. Ogni mese un giovane ricercatore italiano, ovviamente espatriato, si segnala per scoperte significative. Riusciamo a resistere alle crisi e ad abbattere le difficoltà meglio di nazioni più forti economicamente e piene di risorse naturali. Talenti personali ed ingegno escono fuori nelle asprezze e nelle congiunture. Di tutto questo, ed altro ancora, avete per caso sentito parlare nel dibattito politico? Qualcuno ha proposto un rimedio, un progetto che riporti qualità nella società italiana, che recuperi la mediocrità diffusa, la cultura della pancia piena e della testa vuota? Macché!! A cominciare da Alberto Sordi nel film “Un americano a Roma”, continuiamo a scimmiottare la parte peggiore delle società opulente americanizzata. Dov’è finita la patria degli eroi?