NAPOLI – Un Partito democratico più attento al Mezzogiorno. Francesco Boccia, il senatore e responsabile Enti locali del Pd, detta la linea e lascia la porta aperta a una possibile candidatura alla segreteria del governatore campano, Vincenzo De Luca.
Onorevole, il Pd è alle prese con l’organizzazione del congresso nazionale e delle modifiche allo statuto, è soddisfatto di quanto stabilito in assemblea?
Finalmente il percorso è partito, adesso abbiamo delle date, tempi certi, lo Statuto è stato modificato per consentire un vero congresso costituente. Il PD non è un partito con un padrone o un capo, siamo un’associazione di iscritti e militanti con delle regole da rispettare. Le classi dirigenti passano, la comunità del Partito democratico resta. In Assemblea abbiamo dato il via a questo percorso che coinvolgerà gli oltre 4500 circoli PD presenti nel Paese e che ci consentiranno di sciogliere tutti i nodi: dell’identità di un moderno partito progressista nella società digitale aperta e competitiva, al lavoro in un mondo capitalistico che produce sempre più diseguaglianze, fino ai diritti economici, sociali e civili che determinano chiaramente un’idea di società piuttosto che un’altra, fino al ruolo dell’Italia in Europa. Nel mezzogiorno poi non si possono non pretendere con chiarezza risposte su autonomia e questione meridionale come prioritaria questione nazionale.
Dopo la sconfitta elettorale si è parlato spesso della necessità di lasciare spazio ad una nuova classe dirigente, eppure guardando alle ipotetiche candidatura alla guida della segreteria nazionale di volti nuovi non se ne vedono. Perché?
Non ho mai condiviso questa corsa alla rottamazione e non inizierò certo oggi. Il congresso è aperto, chi ha delle idee da proporre, un progetto politico, un manifesto programmatico che può allargare e coinvolgere può farsi avanti. Al PD servono idee ed energie nuove, che non sono necessariamente legate all’età anagrafica, per dare risposte ai cittadini: sul lavoro, sulla difesa dei più deboli, sul contrasto all’inflazione, sull’ambiente, sulla società digitale, sui diritti, sulla giustizia sociale.
Nelle ultime settimane si è fatta largo l’ipotesi che la nascita dell’asse dei governatori contro l’autonomia differenziata, guidato da De Luca e Emiliano, possa tradursi in una candidatura alla segreteria. Che ne pensa?
Il 25 settembre ha detto con chiarezza che se al Sud vogliamo tornare ad essere competitivi dobbiamo abbandonare questa idea di partito a trazione nordista che, per troppi anni, ha anche assunto decisioni per tutti e, a volte, sbagliando i conti con la storia. Le esigenze e le necessità del Mezzogiorno sono diverse e, spesso, poco comprese dal palazzo; ci sarà un motivo se al Sud gli elettori alle politiche con maggiori problemi sociali ed economici hanno scelto M5S e FDI mentre alle amministrative poi, comunque, votano Pd e centrosinistra; se è vero come è vero che amministriamo oltre il 65% dei territori. Non credo sia questione di nomi ma di proposte e risposte da dare al Sud: sul lavoro, sulle prospettive dei giovani, sui servizi alla persona dai bambini agli anziani, sui trasporti, su sanità e scuola.
Diversi consiglieri regionali campani, parlando di autonomia differenziata, hanno criticato l’assenza dal dibattito dei parlamentari Pd, compreso deputati e senatori del Mezzogiorno. Come mai su un tema così importante, il partito non riesce ad esprimere una posizione univoca oltre che chiara?
Non sono d’accordo. Il Pd ha dimostrato proprio in questi giorni di essere l’argine rispetto al tentativo leghista di spaccare il Paese in due sotto gli occhi degli altri partiti di centrodestra che restano silenti per timori di ripercussione sulla maggioranza. Sull’autonomia il Pd ha sempre avuto una posizione chiara: la proposta di Calderoli è irricevibile e incostituzionale. Non consentiremo in alcun modo la regionalizzazione della scuola o qualsiasi riferimento ai residui fiscali, né tanto meno consentiremo l’utilizzo del criterio della spesa storica che cristallizzerebbe le disuguaglianze attuali senza offrire soluzioni. Ad inizio legislatura abbiamo depositato una proposta di legge sull’autonomia, la stessa che nel 2020 con il governo Conte 2 era stata accettata all’unanimità in Conferenza Stato Regioni e in Conferenza Unificata in cui si definiva un perimetro uguale per tutte le Regioni, una sorta di legge quadro. Con un punto chiaro: prima definiamo il LEP (livelli essenziali delle prestazioni) su scuola, sanità, assistenza e trasporto pubblico locale, che significa garantire gli stessi diritti a nord come al Sud, nelle aree interne e aree di montagna come nelle aree più sviluppate, nelle periferie come nelle aree metropolitane. La posizione del PD è molto chiara e contro la propaganda leghista faremo le barricate.
Guardando alle prime settimane di governo Meloni cosa la preoccupa maggiormente e quali sono, se ci sono, le vostre proposte su questioni che incidono su famiglie e imprese come il caro bollette?
I primi provvedimenti del governo rispecchiano la natura profondamente propagandistica della destra: si è tornato a parlare di condoni più o meno mascherati, di innalzamento al tetto dei contanti, di flat tax, di lotta ai migranti, di norme anti rave pasticciate, di sostegno ai novax. Non una parola su lavoro, caro energia, bollette, mutui. Vedremo nei prossimi giorni le norme che scriveranno nella legge di bilancio ma se vogliamo dare risposte concrete e immediate ai cittadini dobbiamo destinare tutte le risorse disponibili alla riduzione del cuneo fiscale in modo da alzare i salari che, con l’inflazione ai livelli attuali, sono diventati inconsistenti e limitare al minimo l’impatto del caro bollette su famiglie e imprese.
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