Non cessano i bombardamenti sugli obiettivi civili ucraini. Nel mentre le armate di Putin cedono il passo, incalzate dall’esercito di Kiev, determinato a non farsi strappare intere regioni appartenenti ad uno stato sovrano, si intensificano le operazioni di Mosca mirate a creare danno alla popolazione disarmata. Interi quartieri, scuole e perfino ospedali, finiscono sotto il fuoco incessante dei missili russi: la finalità del Cremlino, d’altronde, è quella di affamare e creare disagio alla cittadinanza e non ha nulla a che vedere con il campo di battaglia ove si affrontano e muoiono i soldati. Le città ucraine riconquistate mostrano ai media internazionali il solito immondo spettacolo di fosse comuni e camere di tortura, deportazioni e stupri.
Una barbarie che fa giustizia di ogni codice etico e di ogni trattato, richiamando alla memoria le pratiche tanto care al terzo reich nazista. Se ce ne fosse stato ancoro bisogno, trova puntuale conferma che quella che si sta consumando non è una guerra, una delle tante che hanno insanguinato il pianeta Terra, bensì un tragico ritorno alla lotta per la sopravvivenza e la libertà di un’intera popolazione senza esclusioni e distinzioni di sorta, che somiglia maledettamente al genocidio razziale. Gli aggressori provengono non da una minoranza oppressa, ma da una delle due grandi potenze che hanno dominato il mondo nel secolo scorso. Una “potenza” che siede come membro permanente nel Consiglio di Sicurezza delle Nazione Unite e che avrebbe potuto risolvere le proprie pretese chiedendo un referendum controllato all’Onu per stabilire quale fosse la volontà delle genti che risiedevano nel Donbas oppure in Crimea, zone entrambe russofone.
Insomma una soluzione civile che avrebbe anche potuto sfociare in un’amministrazione speciale, un’intesa diplomatica convenuta tra le parti. Il despota che siede al Cremlino circondato da muti astanti oppure dai plutocrati che si sono arricchiti, con il beneplacito di Putin, gestendo le immense risorse appartenenti allo Stato bolscevico di una volta, ha scelto invece il blitz armato incurante delle conseguenze di quel gesto. Un ripetersi della spartizione che Hitler e Stalin fecero della Polonia con il patto Ribbentrop-Molotov. Sappiamo tutti quale tragica conseguenza comportò allora quella scelta con lo scoppio della seconda guerra mondiale e cosa potrebbe comportare la mossa russa nell’epoca in cui si possono utilizzare gli arsenali nucleari. Per quanto le coscienze a difesa della libertà dei popoli (e contro le tirannie) siano state affievolite dall’opulenza della vita quotidiana, in Europa e nel mondo si è creata una catena di solidarietà dei regimi democratici per porre un argine contro quei propositi di conquista. Va detto comunque che finora i russi hanno lasciato sul campo oltre centomila morti ed un immenso quantitativo di materiale oltre ad aver mietuto migliaia di vittime civili ed inermi. Innanzi al fallimento della strategia militare Mosca sta cercando di fiaccare la resistenza ucraina facendo patire fame e freddo alla popolazione, richiamando in tal modo in servizio permanente effettivo, il “generale inverno”.
Si rinnova, per dirla tutta, il triste ricordo dell’Holodomor, lo sterminio per fame di oltre sei milioni di ucraini, vittime del fallimento della pianificazione produttiva agricola di Stalin. Fu quello il flop dell’organizzazione che il dittatore sovietico aveva utilizzato con l’ausilio (ed il consiglio) dell’economista inglese J. Maynard Keynes, il quale aveva abbandonato la strada del capitalismo convertendosi al socialismo ed alla visione dello Stato come attore della stabilità economica. L’errore di pensare, la fatale presunzione, che un ente sovra-ordinato potesse prevedere le esigenze ed i bisogni di milioni di persone e di farvi fronte, fu alla base degli errori di calcolo dei soviet e di chi li governava. Oggi il nemico si abbatte con armi sofisticate e moderne ma anche confidando nel gelo e nella distruzione del tessuto sociale ed urbano, ricattando l’Europa con il gas e le risorse naturali di cui si dispone. Insomma: non ci sono più lager, purghe e fucilazioni di massa staliniane ma una più moderna e cinica pianificazione del terrore e della morte.
Il tutto solo perché, in taluni ragioni, esisterebbe una differenza, una superiorità, etnica tra coloro che parlano russo e quelli che parlano ucraino, perché Mosca possa riconquistare l’estensione e la potenza di un tempo affermando la propria autorità in quel lembo di territorio. Innanzi a queste evidenze c’è chi pensa che debba scoppiare una pace comunque sia, recitando il solito mantra pacifista. Chissà se quelle invocazioni pacifiste arrivino laddove si compie un nuovo Olocausto, soffre e si muore per “terrorismo di Stato”.
*già parlamentare
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