La cerimonia arancione

C’è qualcosa che da ore non mi torna, quasi mi turba, nel vedere 200 persone con il giubbino catarifrangente partecipare a una cerimonia ufficiale per diventare spazzini a Napoli. E non perché non sia un lavoro dignitoso e di cui la città ha estremamente bisogno (basti guardare le condizioni dei nostri marciapiedi). C’è qualcosa che mi dà fastidio in quell’immagine, nell’ampollosità di scegliere di chiamare questa assunzione “cerimonia ufficiale”. Nel trasformare una normale e necessaria assunzione nella macchina pubblica, in questo caso nella partecipata ASIA, in qualcosa di epico e leggendario. Un “risultato”. La “buona amministrazione”.
Tra i 200 ci sono ragazzi che si sono formati per essere altro, che hanno completato percorsi di studi (buoni per fare punteggio) ma che hanno ripiegato sul pubblico perché chiunque abbia una giovane età e abbia masticato il mercato del lavoro meridionale sa che il pubblico è probabilmente una delle poche vie di salvezza da una vita di stress e limitatezza economica e sociale, laurea o non laurea. Nel mentre in cui i passati Ministeri della Ricerca hanno avviato politiche per far rientrare le nostri menti brillanti andate all’estero, quelle che coltiviamo a casa le impieghiamo in lavori manuali per cui sono eccessivamente qualificate, tagliando così posti di lavoro per altre fasce di popolazione a maggior rischio esclusione sociale.
La debacle del sistema si tinge per un gioco di comunicazione non meglio definito in un trionfo dell’amministrazione comunale che segna la salvezza di 200 giovani anime e nulla più, il tutto in un’apoteosi di giubilo di giubbotti arancioni. Che immagine stiamo dando, ancora una volta? Quella in cui o si entra nella macchina statale o si è fuori da tutto? Forse è questo che (a torto) mi fa travasare bile in quel tappeto di catarifrangenti nell’austera e maestosa sala dei Baroni del Maschio Angioino. Questo e la consapevolezza che menti preparate al management, all’HR o alla comunicazione potrebbero essere impiegate in altri ruoli in cui c’è carenza nella macchina pubblica, al pari degli spazzini. Senza bisogno di rivolgersi ancora all’esterno per le altre competenze, come farebbe la stessa ASIA ad esempio con la comunicazione – ogni tanto arrivano delle mail sulle iniziative della partecipata da una società di comunicazione editrice tra l’altro di una testata giornalistica dedicata ai temi ambientali (che qualche perplessità da un punto di vista di opportunità dovrebbe comunque suscitarla) – e blindando invece in ruoli chiave ragazzi competenti che potrebbero dettare la svolta.

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