Voce dal sen fuggita

Vincenzo D'Anna, già parlamentare

Fu Pietro Metastasio, pseudonimo di Pietro Antonio Domenico Bonaventura Trapassi, poeta e drammaturgo del XVIII secolo, a coniare, in una sua opera, la famosa frase “Voce dal sen fuggita, poi richiamar non vale: non si trattiene lo strale quando dall’arco uscì”. In quell’espressione, rielaborazione settecentesa del noto concetto oraziano nescit vox missa reverti (“la parola detta non sa tornare indietro”), si vuole intendere che quello che vien detto, anche senza volerlo, non può più essere “richiamato”. Capita spesso nelle discussioni di lasciarsi andare per foga in espressioni crude e veritiere che come tali mettono in imbarazzo oppure offendono chi ascolta. D’altronde la verità è sempre tagliente e, come amava ripetere don Lorenzo Milani, celebre prete-pedagogo: “se non direte cose che spiaceranno a qualcuno non avrete mai detto la verità”. Gaffe ed esternazioni improvvide, sia pur non intenzionali, sovente si rivelano, infatti, anche portatrici di verità inconfessate comunemente dette lapsus freudiani, ovvero espressioni dell’inconscio. In sintesi, a tutti capita di dire, sia pur involontariamente, cose vere che però possono offendere o turbare l’interlocutore. Se la “voce dal sen fuggita” è quella di un comune cittadino poco male. Se invece appartiene ad un uomo politico di caratura e levatura nazionale, la questione allora assume aspetti decisamente diversi, che vanno ben oltre il semplice imbarazzo. E’ questo il caso del cavalier Berlusconi, storico leader di Forza Italia, incline sia alla satrapia gestionale del partito sia alla facondia verbale dell’affabulatore che usa le parole secondo la convenienza del momento. Nella storia del vecchio leader azzurro le voci dal sen fuggite (e poi richiamate) non sono state rare, anzi: se ne contano a decine nella sua trentennale storia politica. Abituato com’è a non dar conto agli organi politici, circondato perlopiù da cortigiani, reggicoda e adulatori, l’ex premier si lascia sovente andare a dichiarazioni che creano disorientamento o peggio ancora incidono negativamente sulla linea politica professata con altrettanta convinzione all’occorrenza. Attenzione: non si tratta della manifestazione di un pensiero senile, come pure si sarebbe portati a credere data la veneranda età del Cavaliere, il quale, quando gli conviene, ben ragiona. All’opposto, stiamo parlando di un’abituale ambiguità politica e di una prerogativa caratteriale che nasce dal fatto che egli si considera la fonte del verbo e poco si cura degli altri partner di partito che continua a considerare mera appendice della sua passata esperienza politica. Sbaglia di grosso chi ritiene che Silvio sia un “gaffeur” professionale, un soggetto in preda ad una subentrata atrofia corticale che gli impedisce di frenare la lingua. Il soggetto in questione, dotato di un acume superiore (oltre ad una smisurata ipertrofia dell’ego), sa bene ciò che dice. Spesso anzi spariglia le carte creando, intorno a sé, l’interesse dei media. Utilizza quasi paranoicamente dei focus per continui sondaggi così da intercettare l’attenzione dell’opinione pubblica e spesso per coltivare interessi di altra natura. Tra questi la difesa degli “amici politici” non tanto per solidarietà ideale quanto per pregressi rapporti commerciali ed imprenditoriali. E’ accaduto con l’ultima clamorosa sua esternazione sulla guerra in Ucraina, peraltro già profferita mesi addietro agli inizi dell’invasione russa. Berlusconi si è barcamenato tra la solidarietà alla linea di governo di cui fa parte – apertamente e giustamente filo ucraina – e la sua ventennale amicizia con Vladimir Putin che credo travalichi la politica stessa. Ecco allora che il vecchio satrapo ha mollato la veste di patrocinatore del liberalismo schierandosi con i tiranni che invadono ed occupano territori di stati sovrani. “Da premier non avrei incontrato Zelensky: lo giudico molto negativamente” ha detto il Cavaliere. Assurdo!! Da antesignano delle libertà, Silvio si è trasformato in sodale del leader del Cremlino che commette atrocità sulle popolazioni civili senza curarsi degli elementari diritti umani (oltre che del diritto internazionale). In questa veste l’uomo di Arcore preferisce addossare la responsabilità non agli invasori bensì agli invasi! Non ai torturatori ed agli stupratori, ma alle loro vittime!! Non a coloro che riempiono le fosse comuni ma ai giustiziati senza ragione!! Sono subito accorsi in soccorso di queste gli scagnozzi che ha posto al governo a cominciare dal suo ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che si è arrabattato per correggere il mal detto. Cos’altro aggiungere? Innanzi a tanta doppiezza comportamentale non sono parole dal sen fuggite, ma opinioni becere e convinte.
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