NAPOLI – Non un omicidio come gli altri, quello di Bruno Solla, 59enne che per un’intera vita si è occupato di gestire il malaffare a Ponticelli, prima con il clan Sarno, poi – in seguito alla disgregazione della cosca – con il maxi cartello dei De Luca Bossa, del quale era una sorta di ‘colonnello’. Per qualcuno addirittura un reggente, considerato che i vertici dell’organizzazione criminale sono dietro le sbarre. Di sicuro, il suo spessore criminale era riconosciuto da tutti. Si riaccende la faida a Ponticelli.
Gli schieramenti
Dopo una breve crisi interna, gli schieramenti sono di nuovo quelli di prima: da una parte i De Luca Bossa, dall’altra i De Micco-De Martino. Fazioni che si fanno la guerra dal settembre 2020 per una storia di proventi non smistati secondo accordi. Ma l’omicidio di Solla, si diceva, non è un delitto come gli altri. A fare la differenza sono tempi e modalità: il 59enne, conosciuto come Tatabill all’anagrafe di camorra’, è stato sorpreso dai killer alle 20,10 mentre si trovava in viale delle Metamorfosi, a un soffio dalla sua abitazione. Nel suo fortino, insomma, nella sua roccaforte e in quella del suo clan di appartenenza: il Lotto O. Un messaggio chiaro e inequivocabile che, mandanti ed esecutori, hanno voluto recapitare all’organizzazione del Lotto O. E le indagini non possono che procedere nel solco che conduce dritto al clan De Micco. Sono i fatti a parlare: subito dopo l’agguato, quando nel quartiere si è diffusa la notizia della riuscita della spedizione di morte, nelle zone del rione De Gasperi sotto l’influenza dei ‘Bodo’ i palazzi si sono colorati per effetto di uno spettacolo pirotecnico di quelli che si riservano alle grandi occasioni.
La firma incisa in cielo
Così i De Micco hanno voluto rivendicare la paternità sull’omicidio. Una firma incisa in cielo. Solla è stato ammazzato da un commando giunto sul posto a bordo di un’auto. Lui era su uno scooter. I killer gli hanno esploso contro numerosi proiettili. Poi l’arrivo dell’ambulanza e la corsa disperata all’Ospedale del Mare, dove Solla è morto nonostante i tentativi dei medici di salvargli la vita. Stessa sorte toccata al fratello Salvatore (alias ’o sadico) nel dicembre 2016. In una conversazione dell’agosto dell’anno scorso, captata dagli investigatori, Christian Marfella – oggi in carcere disse di lui, scherzando: “Tatabill quarant’anni di malavita tiene? Di malabirra, forse”. Ma la leadership di Solla era indiscussa e indiscutibile.
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