MARCIANISE – “Nel 2016 sono uscito dal carcere ed ho messo in piedi un’organizzazione formata da più di 50 persone, tutte dedite allo spaccio di droga e alle estorsioni”: parole di Giovanni Buonanno, alias Gnucchino, figlio di Gennaro, ras dei Belforte. Nel 2022, mentre era in prigione per usura, ha deciso di iniziare a dialogare con i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. In questi mesi agli inquirenti ha fornito informazioni che hanno confermato quanto i carabinieri della stazione di Marcianise avevano già tracciato nell’indagine condotta dal 2017 al 2021, sfociata martedì in 28 misure cautelari. Ma quella di Buonanno, ha scritto il giudice Marco Discepolo nell’ordinanza di arresto, è una collaborazione che non convince totalmente: “Sembra aver reso dichiarazioni di dubbia veridicità o che quantomeno necessitano di maggiore approfondimento”.
Una visione che si fonda, inevitabilmente, anche sulla scelta della Procura di Napoli di chiedere la revoca del piano provvisorio di protezione che gli era stato accordato, istanza che ha accolto la Commissione centrale istituita presso il Viminale. Gli investigatori hanno accertato che Buonanno, quando era ristretto in regime speciale (per il suo pentimento) presso il carcere di Carinola, la scorsa estate ha nascosto nella busta dei panni sporchi, in uscita dalla prigione, consegnata alla moglie, Caterina Iuliano, “appunti manoscritti contenenti indicazioni relative alle dichiarazioni confessorie ed etero accusatoria che la donna avrebbe dovuto rendere all’autorità giudiziaria nei successivi interrogatori”. Ed infatti in quelli resi il 15 giugno e il 30 giugno 2022, la donna utilizzò proprio “gli appunti del marito riferendo anche circostanze e fatti di cui lei non era a conoscenza”.
La donna, inoltre, ha accertato la Procura, aveva informato i genitori delle dichiarazioni che il consorte stava rendendo all’autorità giudiziaria, in particolare raccontò di un episodio estorsivo narrato da Buonanno che coinvolgeva il papà, Raffaele Iuliano.
Altro episodio che ha fatto storcere il naso alla Dda: la moglie del pentito avrebbe violato le norme relative al programma speciale di protezione perché mentre si trovava in località protetta con i figli aveva ospitato familiari non ammessi al programma.
Queste violazioni (a cui vanno aggiunte le video-chiamate non autorizzate fatte da Buonanno dal carcere) “hanno di fatto vanificato le misure di sicurezza, risultando incompatibili con lo stato di collaboratore con la giustizia”.
Il focus sul perché della revoca del programma di protezione a Buonanno e famiglia (il suo avvocato, Carmen Di Meo, ha presentato ricorso al Tar per ottenerne il ripristino) è contenuto nell’ordinanza che ha disarticolato la presunta rete di spacciatori che avrebbe gestito proprio Gnucchino e il fratellastro Giuseppe Salzillo. Ad affiancare i due nella gestione del gruppo, sostiene la Dda di Napoli, sono stati Giacomo Colella, Giuseppe Di Gaetano, Francesco Edattico, Giovanni Moretta e Antonio Russo. La droga venduta dalla compagine marcianisana, invece, le sarebbe stata garantita da fornitori dell’area di Napoli Nord. Di chi si tratta? Margherita Amoruso, Giulio Angelino, Felice Natale di Caivano e Raffaele Sellitto di Crispano sono i nomi indicati dalla Procura.
Complessivamente le persone coinvolte in questa inchiesta sono 71 (innocenti fino ad un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile), accusate a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata allo smercio di narcotici, singoli episodi di spaccio, usura, estorsione e favoreggiamento dall’immigrazione clandestina.
© RIPRODUZIONE
RISERVATA