Ucciso per aver sconfinato, presi i mandati del delitto

Ucciso per aver sconfinato, presi i mandati del delitto
Ucciso per aver sconfinato, presi i mandati del delitto

NAPOLI – Un personaggio scomodo, Ciro Caiafa, che ha pagato col sangue un errore che, nelle logiche criminali, non viene facilmente perdonato: vendere droga all’esterno della propria zona di competenza. Nel suo caso, non a Forcella, dove viveva, ma ai Quartieri Spagnoli, il tempio del triumvirato composto dai boss Eduardo Saltalamacchia, Antonio Esposito e Vincenzo Masiello. Dall’ordinanza firmata dal gip Carla Sarno si apprende che a decretare la morte di Caiafa sarebbero stati Masiello e Saltalamacchia. “Facciamoci furbi un’altra volta – suggerisce Saltalamacchia a Masiello in una conversazione intercettata dagli investigatori – Diamogli il bacio, diamogli la mano… come si gira ‘boom’. Questo dobbiamo fare”. E’ il 30 marzo 2020, la chiacchierata dura appena un minuto. Successivamente, i due ritornano sulla questione di Caiafa e Saltalamacchia ribadisce che è necessario che lo stesso sia ucciso: Eduardo afferma: “Mo’ sto Ciro Caiafa, per noi è un problema? Non gli diciamo niente, facciamolo salire come sta  salendo. E’ un regalo di  Natale. Lo dobbiamo ‘azzeccare’? ‘Azzecchiamolo’”, ovvero “dobbiamo ucciderlo? Uccidiamolo”

Dal tenore del dialogo si percepisce il rammarico di Saltalamacchia nel dover eliminare un parente di Ciro Marrazzo, persona a loro vicina, ma la risoluzione del problema va oltre qualsiasi sentimentalismo (“Ciro Marrazzo… gli voglio bene, però fìno a quando non ci sta la vita nostra” ) in quanto il loro unico fine dev’essere l’interesse e la sopravvivenza del cartello criminale (“questa è la famiglia nostra”) a discapito di altri sodalizi criminali che ambivano a soppiantarlo: “Che teniamo il problema? Lo facciamo salire e ce lo risolviamo. Punto. A me non mi interessa più., l’amicizia lo tengo qua vedi, questa è la famiglia nostra”.

Dalle intercettazioni successive emerge netta l’esistenza, secondo il gip, la forza e soprattutto la stabilità del sodalizio mafioso a tre teste.

Il  30 dicembre 2020, a seguito di un agguato di stampo chiaramente camorristico, Caiafa viene ucciso presso la sua abitazione a Forcella.

Le indagini relative a tale grave fatto di sangue, hanno consentito di accertare che nei giorni precedenti al verificarsi dell’omicidio vi era stato un ennesimo contrasto tra Caiafa e il gruppo di Saltalamacchia, per motivi connessi agli affari nel settore degli stupefacenti e, stando agli esiti acquisiti, l’omicidio è riconducibile proprio a tali contrasti.

Saltalamacchia sperava di non essere arrestato perché questo avrebbe significato lasciare il territorio ai clan rivali c che non bisognava essere leali al di fuori del cartello del quale faceva parte anche Esposito, pur non apparendo all’esterno come loro due. 

Caiafa fu ammazzato nel suo ‘basso’ in via Sedil Capuano, Poco più di due mesi prima, nella notte del 4 dicembre, perse il figlio 17enne Luigi, ucciso durante una rapina in via Duomo.

Le frizioni sanate dal ritorno del boss

Sono una cosa sola, almeno è così che si autodefiniscono boss, gregari e affiliati al clan MasielloSaltalamacchiaEsposito. Nel cartello a tre teste, però, la situazione non è stata sempre idilliaca. Per qualche tempo nel gruppo criminale si sono respirate forti tensioni.

Poi è arrivata una scarcerazione eccellente, quella di Eduardo Saltalamacchia. Era il 23 dicembre 2019. Una vera e propria manna dal cielo per le sorti dell’organizzazione criminali. Le indagini, culminate ieri mattina nel maxi blitz, hanno consentito di accertare la piena operatività e vitalità del gruppo che, dopo un breve periodo di frizione, all’indomani della scarcerazione di Saltalamacchia, si è ricompattato dando luogo ad una più stabile unione fondata su un comune sostegno economico, derivante soprattutto dalle quote delle numerose piazze di spaccio della zona (che per esercitare la loro attività illegale devono versare al sistema dei Quartieri Spagnoli somme di denaro variabili proporzionate ai loro introiti), ma anche sulla condivisione di ogni altro affare economico teso ad alimentare le casse del sodalizio (ad esempio, dalla gestione e suddivisione dei proventi relativi alla vendita dei posti di lavoro o dalle estorsioni alla bancarelle e alle slot machine). 

Le iniziali frizioni tra Saltalamacchia e Vincenzo Masiello – poi rientrate – sono riconducibili alla gestione del denaro da parte di Masiello.

Il ritorno in libertà di uno dei capi faceva nell’immediato emergere la cattiva gestione di Masiello che, durante il periodo di detenzione di Saltalamacchia, verosimilmente non aveva gestito equamente gli introiti delle attività illecite dei Quartieri Spagnoli, ossia delle quote delle piazze di spaccio, che avrebbe dovuto dividere con Saltalamacchia ed Esposito, come emerso nitidamente dai commenti registrati nelle intercettazioni ambientali a casa dei fratelli Ciro e Nicola Minieri (non indagati in questa inchiesta ma in carcere per tentato omicidio) ritenuti dalla Dda ben inseriti nel contesto camorristico dei Quartieri Spagnoli. Ad ogni modo i rapporti tra i tre indagati sono proseguiti senza altri attriti e dunque è evidente, secondo il pool antimafia napoletano e il gip, che il gruppo ha immediatamente raggiunto un’intesa.

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