NAPOLI – “Occultavano o distruggevano le scritture e i documenti contabili, di cui è obbligatoria la conservazione, relative alla medesima impresa, in modo da ostacolare la ricostruzione dci redditi o del volume di affari conseguiti, per gli anni d’imposta 2005, 2006 e 2007. Con l’aggravante di aver contribuito alla commissione del delitto un gruppo criminale organizzato impegnato inattività criminali in Italia, Portogallo, Francia, Grecia, Danimarca, Norvegia e Spagna”. E’ quanto si legge nelle 814 pagine di un provvedimento, datato novembre 2013, spiccato dal Tribunale di Napoli a carico di numerose persone, tra le quali spiccava il nome di Vincenzo La Porta. Il 60enne ‘colletto bianco’ del clan Contini, catturato venerdì mattina a Corfù dopo undici anni di latitanza, avrebbe partecipato alla condotta fuorilegge indicata sopra insieme a gente del calibro criminale di Ettore Bosti, dell’omonima famiglia malavitosa alleata ai Contini.
La ricostruzione
La Porta è stato amministratore della società La Cipura, dedita alla lavorazione e al commercio di pesci freschi e surgelati, dichiarata fallita il 27 maggio 2009 con sentenza numero 551/2007 del Tribunale di Napoli. Attraverso la società, La Porta avrebbe commesso truffe, sottraendo “la totalità dei libri e delle altre scritture contabili al fine di procurarsi personale profitto e di recare pregiudizio ai creditori rendendo impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari – si legge nel provvedimento – distraevano la totalità del patrimonio e dei beni comunque nella disponibilità della società costituito da forniture di prodotti ittici nonché di svariate autovetture, ovvero del ricavato delle successive vendite, non trovando altrimenti giustificazione alcuna il disavanzo tra attivo inventariato pari a zero euro e l’ammontare del passivo accertato pari a 21 milioni di euro, specie in considerazione del volume degli acquisiti intracomunitari effettuati negli anni 2005, 2006 e 2007, per un ammontare complessivo di 10.552.933, 12.267.306 e 627.179 euro”.
Il dettaglio
La Cipura sarebbe stata utilizzata ad arte, dal sodalizio, che avrebbe predisposto un sofisticato sistema atto a simulare solida affidabilità commerciale. Inoltre, gli indagati, avrebbero omesso di presentare, per l’anno di imposta 2006, la dichiarazione annuale prevista per le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, pur avendo realizzato cessioni di beni per un ammontare imponibile di 20.986.467 euro, con evasione di Iva con aliquota del 10 per cento, pari a 2.098.646 euro. In quelle carte si legge un dettaglio che, a vederlo oggi, suona come un presagio. All’epoca giudice del Tribunale di Napoli, Raffaele Piccirillo scrisse, in un passaggio della lunga e minuziosa ordinanza applicativa di misure cautelari personali e decreto di sequestro preventivo, che “a ‘quelli del capannone (Ettore Bosti e Franco Vollaro) resterebbe riservato il canale commerciale con la Grecia che abbiamo visto costituire uno degli sbocchi della Cipura”.
Il tifoso
La Grecia era, dunque, un Paese già vicino a La Porta, catturato venerdì mattina a Corfù, dov’era stato localizzato a causa della sua grande passione per il Napoli. Il 30 aprile, infatti, poche ore prima dell’inizio della partita tra gli azzurri e la Salernitana, match che avrebbe potuto dare lo scudetto anticipato al Napoli se solo la squadra avesse conquistato i tre punti, La Porta era al ristorante ‘Da Giovanni – Aglio e Olio’ ubicato nella parte antica di Corfù. In una foto pubblicata dal titolare del locale si vede La Porta festeggiare, con tanto di sciarpa azzurra, affacciato al balcone dell’edificio che ospita il ristorante. Quel gesto così naturale e viscerale, così tanto sentito e spontaneo, gli costerà caro. La latitanza, durata undici anni, è finita tre giorni fa: all’orizzonte ci sono oltre 14 anni di reclusione in quanto ritenuto il promotore di un’associazione per delinquere dedita da anni alla sistematica evasione fiscale, alla frode fiscale e a truffe in danno di fornitori esteri. I componenti del sodalizio sono riusciti nel corso degli anni ad accaparrarsi considerevoli fette di mercato grazie a forniture imponenti ottenute a fronte di garanzie sostanzialmente inesistenti. Queste erano prestate da soggetti nullatenenti o da società fittizie, che, dopo essere state utilizzate a scopo di mera interposizione fittizia, venivano lasciate fallire a scapito di fornitori e creditori.
© RIPRODUZIONE RISERVATA