Irregolarità nel servizio idrico campano, fari sulla giunta Caldoro NOMI E FOTO

NAPOLI – L’ex presidente della Regione Campania Stefano Caldoro, oggi capo dell’opposizione di centrodestra in Consiglio regionale della Campania, figura tra i destinatari dei 13 inviti a dedurre notificati dalla guardia di finanza nell’ambito di un’inchiesta coordinata dalla Procura regionale per la Campania della Corte dei Conti su presunte irregolarità nella gestione del servizio idrico integrato in 76 comuni delle province di Napoli e Salerno.

Le indagini, dirette dai pm Davide Vitale e Flavia Del Grosso, riguardano il mancato trasferimento di opere e infrastrutture idriche gestite dalla Regione Campania alla società Gori, concessionaria del servizio nei comuni della zona sud della provincia di Napoli e in alcuni comuni dell’hinterland di Salerno. Gli altri inviti a dedurre sono stati notificati al presidente del consiglio di amministrazione di Gori, Sabino De Blasi (in carica dal 2021), e di ex assessori della Giunta regionale guidata da Caldoro, ritenuti responsabili di colpa grave in via sussidiaria “in virtù di plurime condotte omissive”.
L’istruttoria coinvolge, praticamente, l’intero esecutivo di Caldoro, in carica nel quinquennio 2010-2015. Invitati a depositare proprie deduzioni ed eventuali documenti entro 45 giorni, sono anche Giovanni Romano, Guido Trombetti, Eduardo Cosenza, assessore al Comune di Napoli, Gaetano Giancane, Fulvio Martusciello, attualmente eurodeputato di Forza Italia e coordinatore regionale del partito, Anna Caterina Miraglia, Severino Nappi (oggi capogruppo regionale della Lega), Daniela Nugnes, Ermanno Russo, Pasquale Russo e Sergio Vetrella.

“Nonostante molteplici incontri, atti e delibere che stabilivano modalità e tempistica del trasferimento delle opere – sottolinea una nota diffusa dal comando provinciale di Napoli della guardia di Finanza – la Regione Campania e la società concessionaria non hanno mai concretizzato quanto concordato, ad eccezione del trasferimento di pochissimi impianti”.
Più in dettaglio, è stato accertato che la società concessionaria ha incassato dall’utenza la tariffa del servizio idrico e del servizio di depurazione senza realizzare il servizio idrico integrato e senza riversare alla Regione Campania la quota di tariffa ad essa spettante per il servizio di fornitura di acqua idropotabile e del servizio di depurazione delle acque reflue. Inoltre, secondo i pm i costi di gestione del servizio idrico e del servizio di depurazione, che dovevano essere a carico del gestore e “scaricati” sull’utenza tramite tariffa, sono stati invece sostenuti dalla Regione Campania ricorrendo alla fiscalità generale o al credito bancario o comprimendo altri servizi. I magistrati evidenziano che la Regione Campania ha dovuto sostenere oneri di gestione delle opere idriche e depurative per oltre 350 milioni di euro. La Gori, intanto, incassava senza pagare.

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NAPOLI (cm) – L’invito a dedurre notificato alla Gori è stato recapitato all’attuale presidente del consiglio di amministrazione, Sabino De Blasi, che è in carica dall’aprile del 2021. I fatti contestati dalla procura contabile si riferiscono al periodo compreso tra il 2013 e il 2018, anni in cui la governance della spa e di tutto l’Ato 3 erano fortemente politicizzati, segnatamente dal centrodestra. Ma andiamo con ordine e vediamo innanzitutto cos’è Gori. Si tratta di una società mista la cui quota di maggioranza (il 51%) è detenuta dal socio pubblico, l’Ente d’Ambito Sarnese Vesuviano, il consorzio obbligatorio dei 76 comuni ricadenti nell’Ambito Distrettuale Sarnese-Vesuviano della Regione Campania, costituito ai sensi della legge regionale 14/1997, oggi sostituita dalla legge regionale 15/2015. Il 37,05% del capitale sociale è detenuto dalla “Sarnese Vesuviano s.r.l.” – e, cioè, il socio privato industriale-tecnologico selezionato all’esito di apposita procedura di gara europea ad evidenza pubblica da parte di Acea S.p.A., la holding che fa capo a Francesco Gaetano Caltagirone, imprenditore del cemento ed editore del Mattino. La governance di Gori prevede che la responsabilità della gestione sia affidata al socio “Sarnese Vesuviano s.r.l.”, il quale designa l’Amministratore Delegato della Società. Oggi questa carica è ricoperta a Vittorio Cuciniello. Nel 2013, quando cioè comincia il periodo oggetto d’inchiesta, presidente della Gori era Amedeo Laboccetta, ex deputato del Pdl, designato su indicazione dell’allora governatore Stefano Caldoro. Fu sempre Caldoro, e sempre in quello stesso periodo, a concludere una transazione che ‘abbonò’ 70 milioni di euro che la Gori doveva alla Regione Campania, su un totale di 282 milioni. e fu sempre Caldoro, appena insediatosi a Palazzo Santa Lucia, a nominare un altro pidiellino alla guida dell’Ato 3, l’ambito di cui la Gori è di fatto il braccio operativo: l’ex parlamentare casertano, con residenza a Napoli e buen retiro a Sorrento, Carlo Sarro. Nel 2015, l’autorità anticorruzione allora diretta da Raffaele Cantone sollevò l’incompatibilità di Sarro nell’esercitare contemporaneamente il ruolo di parlamentare e di commissario dell’Ato sarnese vesuviano. La segnalazione arrivò dal deputato del Movimento 5 Stelle Luigi Gallo. Pochi giorni dopo, il 15 luglio 2015, la direzione distrettuale antimafia di Napoli chiese al parlamento l’arresto di Sarro con l’accusa di turbata libertà degli incanti in una gara d’appalto della Gori Spa. Nel 2017 il proscioglimento: ma intanto il commissario si era dimesso, chiudendo la parentesi con l’idrico.


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