Un attacco aereo israeliano ha colpito una roccaforte di Hezbollah alla periferia meridionale di Beirut, provocando almeno 14 morti e 66 feriti, secondo fonti locali. L’operazione ha preso di mira esponenti di alto rango dell’organizzazione sciita, uccidendo Ibrahim Aqil, capo della forza Al-Radwan, un’unità d’élite di Hezbollah, e Ahmed Wahbi, un altro leader di rilievo. L’attacco rappresenta un duro colpo per Hezbollah, che ha subito una perdita significativa nel suo apparato militare.
In risposta, i miliziani di Hezbollah hanno lanciato circa 130 razzi dal Libano verso il nord di Israele, aggravando la già fragile situazione di sicurezza lungo il confine tra i due Paesi. Israele ha rafforzato le difese nelle aree settentrionali, in previsione di ulteriori attacchi, mentre l’incertezza cresce in tutta la regione.
Le tensioni sono ulteriormente aumentate con la dura condanna dell’Iran, uno dei principali sostenitori di Hezbollah. In una dichiarazione ufficiale, Teheran ha definito l’attacco israeliano come una “follia che ha superato il limite”, segnalando l’intenzione di non restare passiva di fronte all’escalation. L’Iran, che fornisce supporto finanziario e militare a Hezbollah, potrebbe ora giocare un ruolo più diretto nella risposta, aumentando il rischio di un allargamento del conflitto.
Ma le conseguenze del raid israeliano non si sono limitate alle vittime dirette del bombardamento. Secondo il ministero della Salute libanese, le esplosioni hanno causato almeno 37 morti e migliaia di feriti in tutto il Libano. Questi incidenti sarebbero stati provocati dal malfunzionamento di dispositivi wireless, come cercapersone e cellulari in dotazione ai membri di Hezbollah, che sono esplosi insieme a pannelli solari, automobili ed elettrodomestici in tutto il Paese. Questa serie di detonazioni secondarie ha scosso ulteriormente un Libano già in crisi, mettendo a nudo la fragilità delle infrastrutture civili e il rischio che conflitti di tale portata possano coinvolgere indirettamente la popolazione.
Sul fronte di Gaza, le prospettive di una soluzione negoziata sembrano altrettanto fosche. Secondo il Wall Street Journal, un accordo sugli ostaggi trattenuti da Hamas appare improbabile entro la fine del mandato del presidente statunitense Joe Biden. Le trattative sono in stallo, e Hamas ha accusato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu di porre “condizioni impossibili” per far naufragare l’intesa. Tuttavia, la Casa Bianca ha cercato di mantenere una linea ottimista, dichiarando che “nessuno ha abbandonato la speranza di un’intesa”.