La costante ‘Pirolo’ nelle indagini della Dda sul traffico di carburanti. Fari sui rapporti dell’ex uomo di Bardellino con l’imprenditore Giuseppe Diana

La frequentazione dell’ex bardelliniano con l’imprenditore di Brezza raccontata dai Mezzero: “Sta sempre sul suo stabilimento”

Pasquale Pirolo, l'imprenditore Giusepe Diana e il boss Antonio Mezzero

CASAL DI PRINCIPE – Non è semplicemente uno dei tanti casertani con un passato segnato da intrecci mafiosi. Pasquale Pirolo rappresenta un tunnel spazio-temporale: attraversando il suo vissuto, è possibile ritrovarsi negli anni Ottanta, quando a dominare la scena criminale di Terra di Lavoro era Antonio Bardellino (nel tondo). E poi, con facilità, essere catapultati nella mafia del presente, riuscendo ad osservare ciò che resta degli Schiavone, gestito dal boss Giovanni Della Corte Cucchione. Ma, scrutandolo con attenzione, si è in grado di leggere, in filigrana, anche il futuro, intravedendo i business su cui punteranno (su cui in realtà stanno già puntando) le organizzazioni malavitose.

La costante

Pirolo, esaminando le principali attività investigative condotte dall’Antimafia, emerge come una misteriosa costante nel mondo criminale. Adesso vive tra Barcellona, in Spagna, e Bracciano, in provincia di Roma.

Antonio Bardellino

Quaranta anni fa, hanno ricostruito i carabinieri, veniva considerato l’alter ego di Bardellino nel settore del reimpiego di capitali illeciti. E proprio con Bardellino, boss sanciprianese, venne arrestato in terra iberica nel 1983. Successivamente si sarebbe avvicinato a Michele Zagaria e dopo ancora il suo destino si è incrociato con il mondo dei narcotici (è stata coinvolto in un’indagine sul traffico di stupefacenti tra Venezuela e Bulgaria). Questo è il passato. Volgendo lo sguardo agli ultimi anni, con ruoli e intensità diverse, la figura di Pirolo è saltata fuori pure in alcune delle recenti inchieste della Dda. Una presenza, sia chiaro, che non coincide forzatamente con l’emissione di provvedimenti giudiziari nei suoi confronti, come nel caso dell’attività – condotta dai carabinieri di Caserta – che ha tracciato, sostiene la Procura partenopea, il ritorno al crimine di Antonio Mezzero (boss di Brezza trasferitosi a S. Maria Capua Vetere) affiancato dai nipoti, Alessandro e Michele, e da altri storici affiliati, come Davide Grasso di S. Maria La Fossa, Carlo Bianco di Casal di Principe, Biagio Ianuario di Cancello Arnone e Piero Ligato di Pignataro Maggiore.

L’incontro rifiutato

Cosa c’entra Pirolo in questa inchiesta? Il 75enne nato a Curti, pur non essendo tra gli indagati, viene tirato in ballo nel corso di una conversazione, intercettata dai militari dell’Arma, tra Antonio e Michele Mezzero. Era il 6 febbraio 2023 e i due parlano di una persona (non ne indicano il nome) che aveva rifiutato un “appuntamento”. Il boss di Brezza voleva incontrarlo, ma il mister x rispose picche. A far arrabbiare il mafioso non era solo il fatto di essere stato respinto, ma anche l’accompagnarsi di chi gli aveva detto ‘no’ proprio con Pirolo: “Quello è un pezzo di m… si è messo insieme a un pentito”. “Con chi?”, chiede il nipote. E Antonio Mezzero chiarisce: “Quello di Caserta, quel Pirolo. […] Pasquale Pirolo!”. Michele domanda cosa ci facesse con lui. “Lo tiene sempre sullo stabilimento. […] Perché non lo sapevi questo fatto?”. E il nipote confessa: “No, questo non lo sapevo. Sapevo che stava bazzicando di qua ma che faceva di là. Dice che rifiutò l’appuntamento…”. “Se la fa (frequenta, ndr) con lui e con Teodoro”.

La (presunta) tentata estorsione a Diana

Per i carabinieri, l’appuntamento che aveva chiesto Antonio Mezzero non era mosso dal desiderio di incontrare un vecchio amico: l’obiettivo era imporgli una tangente. E l’identità della vittima designata emerge, presumono i militari del Nucleo investigativo, nella conversazione tra Michele Mezzero e il cugino Alessandro. Chi è? Giuseppe Diana, ex amministratore della Diana Gas e già procuratore dell’azienda Nuova Diana Gas (che ha lo stabilimento di carburanti a Brezza), cognato dell’imprenditore Michele Orsi (ucciso dai Bidognetti nel 2008). Diana (estraneo all’inchiesta che ha tirato in ballo i Mezzero) era stato arrestato con l’accusa di associazione mafiosa, ma l’iter si è concluso con un’assoluzione.

Torniamo alla chiacchierata ascoltata dai carabinieri. Era il 18 aprile 2023. Alessandro chiede a Michele come mai lo zio non si fosse recato all’appuntamento sollecitato da Diana e Michele risponde dicendo che non era quella la verità, ma che era stato Diana, convocato nel periodo natalizio, a non presentarsi dal boss, desideroso di imporgli una tangente. Insomma, stando a queste intercettazioni e alle deduzione degli investigatori, Pirolo tra il 2022 e il 2023 aveva iniziato a frequentare lo stabilimento di carburanti, a Brezza, di Giuseppe Diana.

Dalla Spagna a casa di ‘Cucchione’

Circostanza che ci porta a un’altra inchiesta dell’Antimafia di Napoli, che, nel novembre 2022, ha dato duri colpi alle fazioni Bidognetti e Schiavone del clan dei Casalesi. I carabinieri, indagando sui nuovi assetti mafiosi casertani, avevano tracciato un ritorno di Pirolo dalla Spagna, nazione a cui è legato dagli anni Ottanta, per andare a fare visita a Giovanni Della Corte Cucchione, in quella fase al vertice degli Schiavone (adesso è in carcere). Era il 12 febbraio 2020 e a tracciare il profilo e il peso di Pirolo fu proprio Cucchione nell’annunciarlo al figlio: “Lo arrestarono in Spagna insieme a Tonino Bardellino nel 1984… Pasquale Pirolo… gli hanno sequestrato 50 milioni di euro. […] Ha la possibilità di fare ‘un sacco di cose’, ma non si può esporre. E tuttavia può offrire il suo sostegno e per ogni operazione chiede un milione di euro”.

Pirolo atterrò a Capodichino e venne accompagnato a Casal di Principe, nel negozio di alimentari che all’epoca era gestito da Agnese Diana (ex moglie di Della Corte), dal casertano Rosario Spanò. Lì avrebbe incontrato proprio Cucchione. E cosa si sarebbero detti emerge alcuni giorni dopo da altre conversazioni intercettate: Pirolo e Della Corte si confrontarono sulla possibilità di investire nel traffico di carburanti. Su questo tema, in quell’indagine, è saltato fuori anche un altro incontro (ritenuto ugualmente importante dai carabinieri): avvenne il 10 marzo 2020, a casa di Giuseppe Di Tella, detto ‘Peppe Mattone’. E anche lì c’era Pirolo: l’ex bardelliniano fornisce ulteriori dettagli dell’attività, sostenendo che c’era la possibilità di accedere anche a un deposito sulla costa adriatica.

I business a Latina

Il lavoro della Dda sugli Schiavone e sui Bidognetti non ha determinato conseguenze per Pirolo, non figurando neppure tra gli indagati a piede libero (logicamente il 75enne di Curti è da considerare innocente fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile). L’ultimo guaio giudiziario per l’ex bardelliniano, invece, che ancora sta affrontando, è connesso all’indagine della Dda di Roma denominata ‘Dirty Glass’ in cui è stato accusato di corruzione. Pirolo sarebbe riuscito a far ritardare, dando una mazzetta a un funzionario dell’Agenzia delle entrate, il pignoramento di beni riguardanti un’impresa riconducibile a Luciano Iannotta (vero protagonista di Dirty Glass), ex presidente del Terracina Calcio e già presidente provinciale di Confartigianato Latina. A Pirolo la Dda di Roma contesta pure il reato di riciclaggio: avrebbe fatto da mediatore tra l’imprenditore Antonio Festa e Iannotta per far confluire nella Italy Glass 2 milioni di euro. Per tale vicenda Pirolo, che è stato scarcerato a ottobre del 2020, è a processo.

L’inchiesta Dirty Glass avrebbe tracciato in modo netto, dice l’accusa, le capacità relazionali che Pirolo ha acquisito in anni e anni di esperienza muovendosi tra l’Italia e la Spagna. In una conversazione del maggio 2018, intercettata dalla polizia, il faccendiere si vantava di essere in grado di evitare procedimenti penali grazie a contatti con funzionari che omettevano la comunicazione delle notizie di reato connesse a verifiche fiscali. Sarebbe stato in grado, diceva, pure di arrivare in Cassazione.
Pirolo, stando a quanto emerso dall’inchiesta romana, mise anche in contatto Iannotta con uomini appartenenti alle Agenzie di informazione e sicurezza.

Mondo carburanti

Passando a Diana, seguendo il filo dei carburanti, la sua figura, recentemente, si è intrecciata anche con un’altra inchiesta dell’Antimafia, questa volta di Potenza, che ha puntato a disarticolare un sistema teso a trafficare illecitamente combustibili, in cui avrebbe avuto un ruolo decisivo Raffaele Diana, alias Mazzuocco (che per tale vicenda è a processo). Nel lavoro della Dda emerge che proprio Giuseppe Diana e Agostino Conte, imprenditori grazzanisani (entrambi non risultano indagati per tale vicenda), sarebbero stati pronti a tuffarsi nel business delle frodi sul commercio di carburante: a raccontarlo agli inquirenti è stato il pentito Ciccio ‘e Brezza, al secolo Francesco Zagaria, originario di Casapesenna ma trapiantato a Capua. “Mi avvicinò Conte e mi disse che Diana, se non sbaglio titolare di un grosso deposito di Gpl insieme a due figli, unitamente a Tommaso Nuzzo, suo socio di fatto, stavano per iniziare l’attività di commercio di idrocarburi che, a dire di Conte, avrebbe fruttato molti soldi, grazie a un meccanismo di frodi. Mi spiegò che avevano già acquistato una flotta di camion e che l’attività era imminente, anche perché Giuseppe Diana – ha aggiunto Zagaria – era riuscito ad avere diretti contatti con chi importava il petrolio in Italia, in modo che, direttamente dai porti, tra cui Napoli, prima ancora che il prodotto fosse sdoganato, veniva illegalmente venduto e da noi distribuito”.

A spiegargli che il business sarebbe stato fruttuoso, ancor prima di Conte, chiarisce il pentito, fu Tommaso Nuzzo: “È un imprenditore del clan Zagaria. Avevo tutti gli elementi per aderire a questa iniziativa, a cui però non ho fatto in tempo a partecipare in quanto sono stato arrestato a gennaio del 2019. Ebbi qualche esitazione a inserirmi subito poiché – ha chiarito il collaboratore – nel 2017 ero stato arrestato e poco dopo scarcerato dal Riesame per associazione mafiosa”.

Ciccio ‘e Brezza all’Antimafia racconta di aver parlato di questo business pure direttamente con Giuseppe Diana. “Mi recai presso il suo deposito. Dissi che ero pronto a costituire il capitale sociale della società che doveva avere come prestanome il figlio di Agostino Conte e nel quale io, Diana, Conte e Nuzzo avremmo versato 200mila euro a testa. Conte aveva da poco venduto una grossa azienda agricola per circa un milione di euro. Lui – ha aggiunto Zagaria – è vicino alla famiglia Schiavone, tanto che suo fratello Giuseppe venne arrestato insieme al noto Alfonso Cacciapuoti, capozona di Grazzanise”.

Logicamente quanto riferito dal collaboratore di giustizia non è da considerare verità assoluta: ciò che ha raccontato deve essere riscontrato dagli inquirenti e nel farlo potrebbe anche emergere che le sue informazioni non corrispondano alla realtà.

Antimafia in allerta

Ricostruzioni investigative, intercettazioni, dichiarazioni di pentiti: tanto materiale, ma, come già sottolineato, va vagliato e analizzato a fondo. Tra le poche certezze di queste storie, che, per la ciclicità dei personaggi che le animano, si intrecciano con forza, c’è quella che il mondo dei carburanti attira l’attenzione della criminalità organizzata. E si tratta, senza dubbio, di un settore su cui l’Antimafia è tuttora al lavoro per verificare a quale livello il clan dei Casalesi e altre consorterie abbiano disteso (e stiano ancora distendendo) i loro tentacoli.

Affare carburanti e clan dei Casalesi, gli investigatori: il faccendiere Pirolo dalla Spagna per…

Mori e funzionari romani: Pirolo racconta la sua rete

Frode sui carburanti, Ciccio Zagaria: Conte e Diana mi proposero l’affare

© RIPRODUZIONE RISERVATA

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome