CASAL DI PRINCIPE – Hanno scelto di evitare il dibattimento e di essere processati con il rito abbreviato. E per loro ieri Fabrizio Vanorio, pm della Dda, a conclusione della requisitoria, ha chiesto la condanna: 7 anni per Antonio Caliendo, imprenditore 37enne di Casale, 4 anni per Ersilia Carano, 58enne, anche lei di Casal di Principe, un anno e 8 mesi per Maria De Gaetano e 5 anni per Gaetano Marraprese, entrambi 48enni e di Pastorano, 10 anni per l’uomo d’affari Antonio Luca Iorio, 48enne di Calvi Risorta, e 3 anni per Alfonsina Russo, 33enne di Casal di Principe. Proposta, invece, l’assoluzione per Nicolino Iorio, padre di Antonio Luca.
Gli imputati, da ritenere innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile, sono accusati, a vario titolo, di riciclaggio di denaro, frode fiscale, emissione di false fatture e intestazione fittizia di beni. A Caliendo, Russo, Carano, Iorio e Marrapese è contestata l’aggravante mafiosa.
Al centro dell’attività investigativa, condotta dalle fiamme gialle del Nucleo speciale di polizia valutaria di Roma, c’è la ditta Ambienta, società di gestione e smaltimento di rifiuti con sede a Pastorano, intestata – sostiene l’accusa – a dei prestanome, ma riconducibile a una compagine familiare ritenuta dagli inquirenti della Dda indirettamente connessa al clan dei Casalesi. Dietro questa società, secondo l’accusa, ci sarebbero i Iorio, che già in passato erano stati destinatari di provvedimenti interdittivi antimafia. Per aggirare questo ostacolo amministrativo, gli imprenditori, ipotizza la Procura, sarebbero ricorsi a teste di legno grazie alle quali, negli ultimi anni, sarebbero riusciti a continuare a lavorare nel business dei rifiuti nell’interesse del clan dei Casalesi (fazione Zagaria) senza ostacoli.
Ambienta, afferma la Dda, sarebbe la diretta continuazione della Casertana Recuperi, che fu bloccata dalla Prefettura per la partecipazione al suo interno di Vincenzo Abbate (69enne di San Prisco, non indagato in questo procedimento), ritenuto dagli investigatori imprenditore vicino a Michele Zagaria, boss di Casapesenna.
La Dda, seguendo la tesi delle fiamme gialle di Roma, afferma che Ambienta abbia ricevuto e utilizzato numerose fatture per operazioni inesistenti, per circa 7 milioni e mezzo di euro, che hanno consentito di generare costi fittizi e, al tempo stesso, far fuoriuscire gli utili aziendali mediante un imponente sistema di riciclaggio.
Dall’Ambienta, attraverso bonifici per le fatture fittizie, i soldi sarebbero finiti alle società del ‘gruppo Caliendo’. Si tratta di ditte che l’uomo d’affari di Casale, come i Iorio, avrebbe pure intestato a prestanome.
La figura di Caliendo era già emersa nell’indagine che ha portato alla condanna Nicola Schiavone o’ russ, uomo d’affari ritenuto intraneo al clan dei Casalesi.
L’indagine ha coinvolto anche altri cinque imputati che, però, hanno deciso di affrontare l’udienza preliminare.
Nel collegio difensivo gli avvocati Mirella Baldascino, Luigi Baldascino, Pasquale Diana, Carlo De Stavola, Giuseppe Stellato, Vincenzo Restivo e Claudio Botti. Si torna in aula per le loro arringhe ad aprile. co Di Puorto.
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