Indagini sul tesoro degli Schiavone: capannone e birreria come investimenti

CASAL DI PRINCIPE – Più passano gli anni e più il tanfo di mafia che originariamente emanavano diventa flebile: una scia di marcio che sta scomparendo, che rischia di diventare irreversibilmente indistinguibile. Parliamo dei soldi accumulati dai padrini del clan dei Casalesi.

I boss sono in carcere, ma parte dei loro tesori continua a circolare liberamente nel tessuto economico italiano (e non solo). Come? Attraverso imprenditori compiacenti che hanno raccolto e custodito il denaro sporco, reinvestendolo in una rete di attività sempre più vasta. E alimentando un vortice di compravendite di beni e società, i proventi del malaffare si mimetizzano nell’economia legale, fino a rendere il loro legame con l’organizzazione criminale invisibile.

Francesco Schiavone Sandokan

La Dia di Napoli è al lavoro per tracciare questo filo sommerso, individuando i businessman collusi che tengono in vita le fortune economiche dei mafiosi: identificarli e bloccarli è fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata. Per quale ragione? Perché rende vana la scelta dei boss di affrontare il 41 bis. L’omertà a cui hanno fatto voto è finalizzata a preservare le proprie ricchezze (al costo della libertà). E smascherarle e sottrargliele renderà il loro percorso malavitoso inutile, sprovvisto di frutti.

L’attività che sta svolgendo la sezione napoletana della Direzione investigativa punta proprio in questa direzione: e gli elementi raccolti negli ultimi anni hanno portato gli agenti a tenere accesi i riflettori su un uomo d’affari dell’Agro aversano. Tra i business che segue c’è quello del commercio di alluminio. Ma negli anni è stato abile nel diversificare.

L’imprenditore in questione, stando ad alcune conversazioni intercettate dalla Dia e alle dichiarazioni rese ai magistrati da diversi collaboratori di giustizia, viene tracciato come un uomo a disposizione del clan dei Casalesi. In particolare, avrebbe custodito e investito soldi di Valter Schiavone, fratello del capoclan Francesco Sandokan. Alluminio a parte, tra le operazioni finanziarie svolte ci sarebbe l’acquisto, fatto insieme al cognato, di un capannone nella zona Asi di Marcianise, e anche l’apertura di una birreria nella zona di Miano.

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