Qualiano: violenza di genere, un caso emblematico nella Giornata Internazionale della Donna

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Siamo abituati a pensare alla violenza contro le donne come il risultato di dinamiche complesse, di traumi irrisolti, squilibri di potere, stress sociale o fattori culturali profondi. Tutto vero, ma spesso la violenza nasce da situazioni quotidiane, da elementi apparentemente banali che fanno da miccia a reazioni sproporzionate e brutali. Una cena fredda, un ritardo, un vestito ritenuto troppo provocante, un rifiuto, un like ad una foto sui social, una parola di troppo o una di meno. La quotidianità diventa il pretesto per aggredire, ma la violenza è già latente. Il problema non è nel motivo scatenante, che può sembrare insignificante, ma nel fatto che l’aggressore si sente legittimato a esercitare un dominio, a punire o a far valere la propria forza. Ed è la sua inquietante banalità a renderla così difficile da estirpare.

Quello che è accaduto a Qualiano ne è un duro spaccato. Il nonno di una 28enne, prima di morire, le regala una televisione. Lo zio non la prende bene. Vive con la nipote e la sorella (madre della 28enne) e chiede continuamente di quella tv, perché – dice – spetta a lui di diritto. La 28enne non cede e le continue richieste e i rifiuti che seguono diventano motivo di liti violente. Si alzano voce e mani, con minacce di morte e insulti di ogni genere. E proprio alla vigilia dell’8 marzo, l’uomo picchia la nipote perché non è ancora riuscito ad appropriarsi della smart tv. La 28enne è terrorizzata, si chiude in bagno mentre lo zio sfascia l’anta di un armadio e prende a calci un tavolino in corridoio. Compone il 112 e chiede aiuto ai carabinieri. In casa c’è anche la madre della ragazza che assiste inerme all’ennesima sfuriata del fratello. I carabinieri arrivano in pochi istanti. L’aggressore, 52enne già noto alle forze dell’ordine, non si preoccupa della loro presenza e minaccia le due donne di morte: “Hai chiamato i carabinieri, ti ammazzo di botte davanti a loro”. Ovviamente non farà un altro passo perché i militari lo porteranno via in manette.

Il fatto che oggi, Giornata Internazionale della Donna, ci si ritrovi ancora a raccontare queste storie, impone una riflessione sulla violenza di genere, un fenomeno che continua ad essere una piaga dolorosa. Tuttavia, emerge un segnale chiaro: l’aumento delle denunce. Le donne non sono più disposte a subire in silenzio. La maggiore consapevolezza, il sostegno delle istituzioni, il rafforzamento delle misure di protezione stanno contribuendo a rompere il muro della paura e dell’isolamento. Ogni denuncia non è solo un atto di giustizia personale, ma un segnale di speranza per tutte coloro che esitano o si sentono sole in una battaglia che, invece, riguarda l’intera società.

I dati parlano da soli: nel 2024, sono stati registrati 2944 episodi denunciati, mentre nei primi due mesi del 2025 si contano già 311 denunce. 434 gli arresti e 2371 le persone denunciate nel 2024. Per il 2025 (Gennaio – Febbraio) il conto degli arresti si attesta su 77, quello delle persone denunciate in stato di libertà a 226.

Nel bilancio è stato determinante l’utilizzo di nuove tecnologie come il Mobile Angel, un dispositivo indossabile avanzato che consente alle vittime di violenza di segnalare il pericolo in tempo reale. Altrettanto importanti le stanze d’ascolto allestite in diversi punti della provincia, un modo per accogliere le donne in ambienti più familiari e sicuri, con personale specializzato nel trattamento di casi di violenza.

La violenza sulle donne è una questione collettiva. E finché anche una sola donna avrà paura di denunciare, di camminare da sola per strada o di sentirsi libera nelle proprie scelte, non potremo dirci davvero soddisfatti. L’aumento delle denunce è un passo avanti, ma la strada è ancora lunga. Il cambiamento è possibile.

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