Alle Case Nuove non si spara più. Non per un improvviso rinsavimento delle coscienze criminali, ma per un motivo molto più pragmatico: la legge degli affari, quella che impone di non ostacolare il flusso dei soldi. Dopo anni di agguati, vendette incrociate e sangue versato in una delle roccaforti storiche della criminalità partenopea, tra la Zona Industriale e il quartiere Pendino, la tensione sembra essersi placata. E’ la “pace del narcotraffico”, garantita dai vertici dell’Alleanza di Secondigliano. Il rione, compresso tra corso Arnaldo Lucci e piazza Nolana, è stato a lungo teatro di uno scontro feroce tra due fazioni: da una parte i Contini, rappresentati dal boss Nicola Rullo; dall’altra, l’ala scissionista che faceva capo – secondo gli inquirenti – a Emmanuele Marigliano. Entrambi sono oggi detenuti, ma il loro conflitto ha lasciato una scia di morti e feriti, e un territorio segnato dalla paura. Ora, però, qualcosa è cambiato. Il controllo criminale è passato nelle mani di nuovi referenti, gli “eredi” delle due famiglie, ma sotto l’egida di un’unica direttiva: evitare la guerra. A ordinarlo sono stati i “colonnelli” dell’Alleanza di Secondigliano, la potentissima confederazione camorristica che unisce i Contini ai Licciardi della Masseria Cardone, ai Bosti e ai Mallardo di Giugliano. Il motivo è chiaro: il quartiere è una piazza di spaccio fondamentale per il traffico di stupefacenti, una delle più attive della città. Qualsiasi conflitto mette a rischio i profitti. Gli spari allontanano i clienti, attirano l’attenzione delle forze dell’ordine, destabilizzano il controllo del territorio. E così, per evitare che il business venga compromesso, i clan hanno stabilito una tregua armata. Una “pax mafiosa” che non nasce dalla pace, ma dall’interesse economico. Una strategia già vista in altri quartieri caldi di Napoli, dove la criminalità organizzata preferisce oggi mantenere un basso profilo, evitando gli scontri plateali che hanno caratterizzato gli anni passati. Si tratta di un’evoluzione “manageriale” della camorra, sempre più orientata alla stabilità del mercato illegale piuttosto che alla dimostrazione di forza. Ma questa apparente calma non deve ingannare. La tregua non è frutto di un disarmo, né di un vero cessate il fuoco, quanto piuttosto di un accordo di spartizione degli affari. I clan restano attivi, radicati, presenti. C’è il rischio che il silenzio delle armi venga scambiato per un ritorno alla normalità. Perché la vera normalità, in un quartiere come le Case Nuove, non può essere quella imposta dai padrini della droga.