Intesa Schiavone-Bidognetti per il parcheggio del clan a Castel Volturno: bloccato dalla Sovrintendenza

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Nicola Pezzella e Vincenzo D'Angelo

CASAL DI PRINCIPE – Il clan voleva costruire un capannone industriale sulla Domiziana a Castel Volturno che in realtà volevano poi sfruttare come parcheggio per concerti e manifestazioni. L’intesa tra Schiavone e Bidognetti fu raggiunto ma la Sovrintendenza bloccò il progetto perché non diede l’autorizzazione. Nelle indagini spuntò anche il caso del tecnico di fiducia che si recava in Comune a Castelvolturno per la procedura relativa alle pratiche da ottenere. Nell’inchiesta che il mese scorso portò all’arresto di cinque presunti esponenti della cosca dei Casalesi c’è anche il tentativo dell’organizzazione di realizzare un parcheggio nella zona del litorale di Castelvolturno, tra quelle maggiormente frequentate e quindi più redditizie per i loro affari.

Un capitolo a parte infatti nell’ambito dell’inchiesta lo occupa il tentativo di business poi non andato a buon fine che prevedeva la realizzazione di un capannone presso un’attività commerciale con annesso stabilimento balneare, molto frequentato anche nel pomeriggio e durante le sere d’estate. Avuta notizia della speculazione in atto da parte di alcuni esponenti della cosca i carabinieri che stavano conducendo le indagini focalizzarono la loro attenzione su tale aspetto. Emerse come nella zona chiamata Jova Beach Party per via del concerto che vi tenne Jovanotti si stava per realizzare un muro di cinta della struttura che però non era stato ancora ultimato per via del parere contrario della Sovrintendenza per i beni paesaggistici.

I carabinieri accertarono che Antonio Fusco, tra i coinvolti nell’inchiesta con Nicola Pezzella, stando a quanto raccontato anche dal collaboratore di giustizia Vincenzo D’Angelo, era stato incaricato di costruire un capannone industriale di rimessaggio di imbarcazioni di fatto però destinato ad area di parcheggio in occasione dei concerti. Oltre ai presunti investimenti però l’organizzazione faceva cassa anche con i metodi tradizionali, il pizzo. Dai prelievi delle vittime da estorcere con la forza per portarle al cospetto dei vecchi boss agli incontri però quasi informali adottati dalle nuove leve dei Casalesi: come cambiano le richieste di estorsione del clan negli anni, adeguandosi ai tempi.

Dalle abitazioni dei fiancheggiatori usati come luogo in cui avanzare la richiesta estorsiva al giardino del fedelissimo di Giosuè Fioretto e Nicola Gargiulo in cui all’aria aperta e in un’atmosfera quasi rilassata viene chiesta l’estorsione da 15mila euro ad un artigiano. L’unico momento di tensione è quello in cui la vittima predestinata deve andare via. Per sentirsi al sicuro la vittima infila il suo braccio destro sotto il braccio sinistro del proprietario del terreno, avvertendo un grande senso di paura. Un gesto, il suo, che tradisce l’apparente tranquillità della ‘conversazione’ appena conclusa. Era il 2 febbraio del 2022 e l’incontro vene monitorato dai carabinieri.

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