Piedimonte Matese, rifiuti nel mirino del clan: col sistema Ferraro servizio affidato a una ditta ‘amica’

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Nicola Ferrato (detto Fucone)

CASAL DI PRINCIPE – Un sistema che agiva senza confini: ovunque avesse un suo gancio, politico o di altro tipo, era pronto a muoversi per provare ad accaparrarsi appalti pubblici. Quale sistema? Parliamo della rete di ditte riconducibile – secondo la Direzione distrettuale antimafia di Napol – a Nicola Ferraro Fucone, in grado di ottenere agevolmente lavori nel settore della sanificazione e dell’igiene urbana. Ci sarebbe riuscita (la rete), sostengono i pm Vincenzo Ranieri e Maurizio Giordano, sfruttando il peso mafioso di Fucone (già condannato per concorso esterno al clan dei Casalesi), le sue conoscenze nel mondo politico (è stato anche consigliere regionale) e, all’occorrenza, corrompendo.

E in questo presunto agire senza barriere, che avrebbe permesso al ‘sistema Ferraro’ di spaziare dalla Campania alla Sicilia, rientra anche un tentativo di insinuarsi nel Comune di Piedimonte Matese. A raccontarlo ai magistrati è stato Domenico Romano, 61enne di Caosria, ritenuto dagli inquirenti uno dei principali partner di Ferraro in queste attività illecite.

Romano, con un passato – dice l’accusa – legato agli Alfieri, è ora indagato per concorso esterno in associazione mafiosa e, a seguito delle perquisizioni che i carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta fecero nel 2023, proprio nell’ambito dell’inchiesta su Fucone, ha deciso di rilasciare dichiarazioni con cui confermava la tesi della Dda, ammettendo le proprie responsabilità e accusando anche altri coindagati (chiariamo: non è un collaboratore di giustizia, ma un dichiarante).

Tornando alla vicenda Piedimonte, Romano ha riferito che, dopo essere riuscito a far inserire, sempre grazie a Ferraro, la ditta Czeta degli Ilario ad Arienzo, si sarebbe impegnato per farla arrivare anche sul Matese. Come? A garantirgli il ‘gancio’ – necessario e vitale alla funzionalità del sistema – sarebbe stato, stavolta, Vincenzo Agizza, 77enne di Napoli, zio di Romano.

Un ex assessore di Piedimonte, a detta del dichiarante, si recò proprio da Agizza chiedendogli se avesse qualche ditta a cui far affidare l’igiene urbana. Agizza allora avrebbe avvertito il nipote, che a sua volta propose l’affare ad Aniello Ilario. Tale vicenda è datata 2022. Dopo questo contatto, il Comune, dice Romano, affidò alla Czeta, a seguito di una trattativa diretta, il servizio di raccolta per cinque o sei mesi. E in cambio di tale affidamento, l’imprenditore Ilario avrebbe sborsato 4mila euro al mese. Il dichiarante sostiene che la cifra venne da lui divisa con lo zio e con Nicola Ferraro (cui avrebbe dato rispettivamente 1250 euro e 1500 euro).

L’episodio citato da Romano, che a detta degli inquirenti era già emerso nell’attività intercettiva dei carabinieri, non è oggetto di contestazione. Per quale ragione? Procedere con un affidamento diretto del servizio di raccolta dei rifiuti è nelle possibilità dell’amministrazione comunale, è un potere discrezionale consentito. E quindi, anche data per dimostrata l’ipotizzata collusione tra Romano e Agizza con l’ex assessore di Piedimonte Matese, tale condotta secondo i magistrati appare esclusivamente come un uso distorto del potere discrezionale affidato ai vertici dell’Ente. Ci sarebbe la corruzione, visto che sarebbero girati dei soldi per veicolare l’appalto. Ma a ricevere questa mazzetta sarebbe stato un soggetto che in quel periodo non rivestiva alcuna carica pubblica (l’ex assessore) e non è neppure emerso un collegamento illecito tra lui e l’allora dirigente dell’ufficio Tecnico. Su quest’ultimo aspetto sono emerse solide conoscenze tra i due, ma è un legame che non prova altro (contribuisce a gettare soltanto qualche altra ombra). Altro aspetto considerato dai pm: alla Czeta il servizio venne affidato per pochi mesi, ma la gara d’appalto, alla fine, andò a un’altra ditta.

L’inchiesta dove è emersa anche questa ipotizzata infiltrazione in terra matesina ha spinto i pm a chiedere l’arresto in carcere per Ferraro, accusato di associazione mafiosa, per Aniello Ilario, accusato di corruzione e turbativa d’asta (reati contestati pure a Fucone), i domiciliari per Agizza (accusato di corruzione e turbativa d’asta) e misura cautelare anche per altri 30 indagati. Non è stato proposto provvedimento restrittivo per Romano, accusato di concorso esterno al clan, oltre a corruzione e turbativa d’asta. Gli indagati sono da ritenere innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile. A decidere se disporre o meno i provvedimenti cautelare è il giudice Marrone del Tribunale di Napoli: la scorsa settimana ha ultimato la serie di interrogatori preventivi che aveva disposta per alcuni degli indagati e a breve deciderà se accogliere o meno le richieste della Dda.

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