NAPOLI – L’Alleanza di Secondigliano ordina estorsioni a tappeto per fare cassa. Lo raccontano le ultime informative della questura e le inchieste della magistratura. Al commissariato e alla Mobile sono arrivate decine di denunce di commercianti del corso Secondigliano. La cu
pola Licciardi-Mallardo-Contini ha inviato gli emissari, ma non tutti gli esercenti sono disposti a pagare e molti si sono rivolti alle forze dell’ordine. Gli investigatori sospettano che il maxi ‘cartello’ di Secondigliano abbia bisogno di liquidità e il modo più rapido per battere cassa sia il ‘pizzo’. Per questo i clan hanno stretto patti di non belligeranza nell’area nord. I Licciardi gestiscono l’intero lato sinistro del quartiere Secondigliano e la Vanella Grassi il destro. Per evitare pericolose sovrapposizioni. Le inchieste della magistratura partono dopo le denunce delle vittime. Non solo commercianti, ma anche imprenditori. Come è successo nell’ultima indagine della squadra mobile, che ha portato
al fermo di Luca Gelsomino e Giovanni Napoli per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso (in concorso con Pietro Izzo irreperibile).
Gli inquirenti li considerano vicini al clan Licciardi della Masseria Cardone. Accusati di aver taglieggiato un imprenditore edile impegnato in
lavori di ristrutturazione in uno stabile nel rione Gescal, secondo le indagini della squadra mobile diretta da Giovanni Leuci e del commissariato di Secondigliano, guidato da Tommaso Pintauro. Ieri i fermi sono stati convalidati. Difesi dall’avvocato Antonietta
Genovino. Per gli investigatori, avrebbero chiesto ‘un regalo’. Le indagini si basano sul racconto della vittima. Napoli e Gelsomino si sarebbero presentati nel cantiere: “Niente di meno stai facendo i cantieri nel Gescal e nella Masseria, ti stai intascando 40mila e 70mila euro e da noi non sei proprio venuto, non ti sei comportato bene. Comunque ci devi fare un regalo perché io da poco sono uscito di galera e stiamo senza soldi. Ci devi dare 5mila euro per i lavori che stai facendo nel Gescal”.