Vendere subito tutte le proprietà per recuperare il denaro: la strategia dietro il pentimento di Schiavone

A svelarla i suoi colloqui intercettati con l’ex moglie e il fratello Antonio

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CASAL DI PRINCIPE – Di genuino, nel suo tentativo di collaborare con la giustizia, c’era poco o nulla. Perché mentre aveva intrapreso i primi colloqui con i magistrati della Dda, la principale preoccupazione di Francesco Sandokan Schiavone, leader del clan dei Casalesi, era mettere al sicuro i suoi beni.

Come? Vendendoli, facendo recuperare denaro ai propri figli. Ma era un’operazione non semplice, dato che a gestire le proprietà, ormai, erano dei prestanome che, con il passare del tempo, si erano sempre di più affrancati da lui e dai suoi familiari.
Insomma, il tentativo di pentirsi avrebbe celato anche una strategia: ottenere una detenzione più leggera, dire solo una parte di ciò che sapeva e, nel frattempo, provare a salvare i beni intestati a ‘teste di legno’.

Giuseppina Nappa

Ed è di questo che il capoclan, il 9 marzo dell’anno scorso, parla con l’ex moglie, Giuseppina Nappa. Un dialogo che gli agenti del Nucleo investigativo centrale (Nic) della polizia penitenziaria di Roma registrano, nel corso del quale ascoltano Sandokan fare riferimento a Ivanhoe. Il boss dice alla Nappa che il figlio doveva vendersi tutto. E poi, i due, passano in rassegna i vari terreni intestati a svariati prestanome.

In relazione all’appezzamento oggetto dell’indagine che ha portato, ieri, in carcere Ivanhoe e Pasquale Corvino, Sandokan – stando a quanto emerso dalle intercettazioni – parla esplicitamente lo scorso ottobre, quando ormai il suo percorso di collaborazione con la giustizia era stato fermato dalla Dda. Il boss si mostra interessato a comprendere il destino dei suoi terreni a Selvalunga.

Antonio Schiavone

Logicamente, evidenziano gli investigatori, questi dialoghi vengono tenuti in parte con linguaggio criptico: i conversanti inseriscono nei loro discorsi riferimenti estemporanei, lontani dal focus centrale, per provare a confondere le acque, a mettere in difficoltà chi ascoltava.
Ad ogni modo, si apprende che Sandokan chiede al fratello Antonio (estraneo all’inchiesta) chi recentemente avesse comprato quei terreni a Selvalunga. E il germano fa il nome dell’avvocato Mario Natale, chiarendo però che ad avere informazioni certe era suo figlio, cioè Ivanhoe.
E nel corso di quella chiacchierata tra fratelli, salta fuori – con discreta chiarezza – che ad incassare la somma di questa vendita era stato proprio Ivanhoe, il quale si era tenuto per sé una parte del denaro e un’altra l’avrebbe data alla madre.

Tra il colloquio intercettato con la moglie e quello con il fratello, c’è il periodo in cui Sandokan iniziò a colloquiare con i magistrati. E in uno dei verbali resi, nonostante la sua presunta strategia di provare a salvare i beni, parlò anche delle proprietà situate a Grazzanise.
Ad aprile dell’anno scorso, rispondendo alle domande degli inquirenti, infatti, il mafioso affronta i fondi situati al confine con le proprietà di famiglia a Selvalonga (ereditate del padre Nicola). Erano intestati a Romolo Corvino, imprenditore originario di Casale ma che si era trasferito stabilmente a Formia.

Inizialmente Sandokan disse che contattò tale Corvino per affittarli (voleva sfruttarli per il foraggio), ma il formiano gli propose di acquistarli.
E così il boss decise di comprarli al prezzo di 16 milioni di lire a moggio, lasciandoli però intestati al venditore. L’attività dei carabinieri ha messo in luce anche un altro dato preoccupante: le conoscenze di Sandokan circa l’andamento degli affari patrimoniali di famiglia nonostante la sua permanenza in carcere, al 41 bis, dal 1998. Elemento che dimostra come il boss, sottolineano gli investigatori, nonostante la prigione, sia ancora interessato alle attività mafiose di famiglia.

L’approccio via social

Riprendersi quei terreni per venderli. Ma prima di tutto andavano ‘liberati’ da chi, negli ultimi anni, li aveva avuti in affitto.
A chi spettava questa incombenza? A Ivanhoe Schiavone, l’unico della famiglia rimasto a Casale e che non aveva aderito al programma di protezione (offerto dopo il pentimento del fratello Nicola). La volontà del figlio di Francesco Sandokan Schiavone di riappropriarsi di quegli appezzamenti è stata raccontata alla polizia di Stato già nel 2019. Da chi? Dall’agricoltore, oggi 54enne, che li aveva in affitto. Agli investigatori della Squadra mobile disse di essere stato contattato tramite social proprio da Ivanhoe, per organizzare un incontro (Ivanhoe, per essere precisi, avrebbe contattato il figlio dell’agricoltore). Ma il 54enne rifiutò.

A ribadire la richiesta di Sandokan jr entrò quindi in scena un’altra persona. A quel punto, preoccupato, l’agricoltore ritenne inevitabile un confronto diretto con Ivanhoe: l’incontro si tenne, e così fu chiarito il motivo della richiesta. Il giovane rampollo di casa Schiavone avrebbe invitato l’uomo a lasciare quei terreni perché dovevano essere venduti e, aspetto non irrilevante, a non avanzare alcuna proposta di acquisto, evitando di esercitare il diritto di prelazione. Questo materiale rappresenta la base da cui i carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta sono partiti per ricostruire le schermature che celavano la reale proprietà dei terreni e comprendere le motivazioni della vendita.

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