Aiuti alla fuga di Letizia, in tre a processo a Marcianise: avrebbero garantito rifugio e carte di credito al latitante

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MARCIANISE – Una casa presa in affitto come rifugio, due carte aziendali per le spese della fuga e una linea telefonica ‘dedicata’. Su questi tasselli la Procura porterà a processo Camillo Belforte, 30enne di Marcianise, nipote dei boss dei Mazzacane (Salvatore e Domenico Belforte), Mario Franco Comune, 36enne di Casagiove, e Francesco Severi, 69enne di Marcianise, accusati di aver aiutato Giuseppe Letizia (nella foto) a sottrarsi alla cattura. L’udienza predibattimentale è fissata per il 13 aprile prossimo, alle 9 e 30, davanti alla terza sezione monocratica del Tribunale sammaritano, giudice Giuseppe Meccariello. Il pm Giacomo Urbano contesta agli imputati il favoreggiamento personale (anche in concorso): secondo l’accusa, Comune si sarebbe intestato fittiziamente il contratto di locazione dell’alloggio di via XX Settembre 109 a San Nicola la Strada, indicato come covo del ricercato, mentre Belforte avrebbe fatto da intermediario del fitto.

A Belforte è inoltre attribuita la fornitura a Letizia di due carte di pagamento intestate a società a lui riconducibili (‘Work and Work srl’
e ‘Beli Innovation Costruzioni’), che avrebbero alimentato la latitanza. A Severi viene contestata l’intestazione di un’utenza telefonica poi
messa a disposizione del fuggitivo. I fatti sono accertati il 14 marzo 2024 a San Nicola la Strada. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Nicola Musone (Belforte), Vincenzo Russo (Comune) e Vincenzo Restivo (Severi). Per tutti vale la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva. Sarà il dibattimento (o l’eventuale processo con rito abbreviato) a dire se quel trittico – casa, carte e telefono – abbia davvero aiutato Letizia a sfuggire alle ricerche prima dell’arresto. Letizia venne arrestato dai poliziotti del commissariato di Maddaloni il 14 marzo 2024.

Il 68enne, originario di Capodrise, con un passato di legami con la cosca dei Belforte, sfuggiva a un’ordinanza di esecuzione per una condanna complessiva a 6 anni e mezzo, determinata da varie condotte tra cui rapine, detenzione e ricettazione. Aveva provato a contrastare questa ordinanza con un ricorso in Cassazione, in cui la difesa evidenziava una presunta violazione del diritto alla difesa dell’allora imputato, in quanto lamentava la mancata conoscenza del processo stesso, con conseguente presunta nullità delle sentenze di
primo e di secondo grado e degli atti pregressi. I giudici della Suprema corte rilevarono però che tale lamentela, per così dire, non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità, ossia in Cassazione. Diventata definitiva quella condanna ed emesso il calcolo delle pene complessive da espiare, Letizia divenne ufficialmente ricercato. L’ex dei Mazzacane venne trovato in un garage a San Nicola La Strada che, secondo la tesi della Procura, gli avevano procurato Camillo Belforte e Comune.

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