Blitz a Scampia. Rapito per fargli cedere la casa: 7 arresti nella cosca Cifariello-Cancello

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Arresti a Scampia

NAPOLI – Un alloggio popolare, una famiglia onesta e una richiesta mafiosa che si trasforma in sequestro, minacce e violenze. È accaduto a Scampia, periferia Nord di Napoli, dove la camorra continua a esercitare il suo controllo sul territorio, decidendo arbitrariamente chi può abitare dove. Ma questa volta la risposta dello Stato è arrivata puntuale e decisa: la Polizia di Stato, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, ha arrestato sette indagati ritenuti affiliati al clan camorristico composto dalle famiglie Cifariello e Cancello. Catturati dagli uomini della Squadra Mobile guidati dal capo Giovanni Leuci e dal vice questore Giuseppe Sasso devono rispondere di una lunga serie di reati: sequestro di persona a scopo di estorsione, estorsione, riciclaggio, rapina, lesioni personali e occupazione arbitraria di edificio, tutti aggravati dall’articolo 416 bis del codice penale, ovvero dall’aggravante mafiosa.

A finire nei guai sono stati Antonio Emmausso, Ferdinando Cifariello, Maurizio Cancello, Simona Gallucci, Cristian Iandolo, Ferdinando Libero e Francesco Barbato (già detenuto). L’operazione ha permesso di smantellare una rete criminale che cercava di imporre la propria legge con metodi brutali, piegando i diritti delle persone alle esigenze del clan. Il caso ha avuto origine da un alloggio popolare regolarmente assegnato a una famiglia. Una casa modesta, ma importante per chi vive in quartieri dove l’abitazione è spesso legata a dinamiche di potere. Il clan voleva quella casa, punto e basta. E ha messo in moto un piano violento per ottenerla.

Il capofamiglia, saputo che alcuni soggetti legati alla camorra lo stavano cercando, ha deciso di affrontarli, recandosi in una sala giochi della zona, luogo noto per essere frequentato da esponenti del clan. Una scelta che si è rivelata fatale. Una volta dentro, l’uomo è stato sequestrato. Nel frattempo, alla sua famiglia è stato recapitato un messaggio inquietante: “Avete un’ora di tempo per lasciare casa e consegnare le chiavi, altrimenti non lo rivedrete più”. Di fronte a una minaccia così diretta e con la vita del proprio caro in pericolo, i familiari non hanno avuto scelta. Hanno abbandonato la loro abitazione, rinunciando a un diritto ottenuto legalmente, per piegarsi alla logica mafiosa della violenza e della paura.

Nei giorni seguenti, la famiglia ha scoperto che l’appartamento era stato occupato dagli stessi membri del clan, che si erano insediati
al suo interno come se nulla fosse, arrivando persino a sostituire la targhetta con il nome sulla porta d’ingresso. Ma la spirale della violenza
non si è fermata. La moglie e la figlia dell’uomo sequestrato, nel tentativo disperato di ottenere spiegazioni e forse di riavere ciò che era loro, hanno cercato di entrare in casa. Sono state però aggredite fisicamente e minacciate. Non solo: sono state costrette a consegnare anche la loro automobile, ulteriore atto di sopraffazione e umiliazione. Le successive perquisizioni eseguite dalla Polizia hanno portato alla luce ulteriori elementi a carico degli indagati: ingenti somme di denaro in contanti, telefoni cellulari e un orologio di pregio sono stati sequestrati, confermando l’ipotesi di attività illecite legate al controllo economico e sociale del territorio. Questa operazione si inserisce
in un contesto più ampio di contrasto alle organizzazioni camorristiche che, nonostante le numerose operazioni delle forze dell’ordine, continuano a rappresentare una minaccia concreta per la sicurezza e la libertà dei cittadini nei quartieri popolari di Napoli.

A Scampia, quartiere segnato da una storia difficile ma anche da tentativi di riscatto, il controllo degli alloggi popolari è spesso una delle leve con cui i clan cercano di affermare il proprio dominio, decidendo arbitrariamente chi può vivere dove, in un sistema parallelo fatto di paura, silenzi e ricatti. L’intervento della Direzione Distrettuale Antimafia e della Polizia di Stato, in questo caso, ha evitato che l’ennesimo sopruso rimanesse impunito. Una risposta ferma dello Stato a chi continua a credere che con la violenza e l’intimidazione si possa governare sulle vite altrui. Ma anche un segnale importante per le tante famiglie che ogni giorno, nonostante tutto, scelgono di vivere nella legalità.



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