Goldrake ritorna su Rai 2: il robot che ci insegnò a guardare lontano

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Cinquant’anni dopo la sua nascita, l’eroe alieno di Go Nagai torna in TV. Un viaggio tra memoria, mito e media che racconta l’Italia e il suo immaginario.

Dal 1978 a oggi, UFO Robot Goldrake ha attraversato generazioni, polemiche e trasformazioni culturali. Il suo ritorno in fascia preserale su Rai 2 è più di una nostalgia: è un rito collettivo che interroga il nostro rapporto con il passato e con l’eroismo.

Nel pieno rispetto del diritto d’autore, questa illustrazione raffigura un robot ispirato al celebre Goldrake. Si tratta di una figura evocativa che richiama la sua estetica e il suo impatto culturale. DIRITTI RISERVATI.

Ogni domenica in fascia preserale

Il 5 ottobre 2025, Rai 2 ha riportato in onda UFO Robot Goldrake, restaurato e completo di tre episodi inediti. Per molti, è stato come riaprire un diario d’infanzia. Per altri, un’occasione per scoprire un mito fondativo della televisione italiana. Ma il ritorno di Goldrake è anche un fatto sociologico: un gesto che riattiva memorie, ridefinisce linguaggi e ci invita a riflettere sul ruolo dei media nella costruzione dell’identità collettiva.

Nel 1978, quando apparve per la prima volta sugli schermi italiani, Goldrake fu una rivoluzione. Il suo linguaggio visivo, la drammaticità delle storie, la figura tragica del protagonista, Actarus, principe esiliato dal pianeta Fleed—rompevano con l’estetica rassicurante dei cartoni occidentali. “Goldrake ci ha insegnato che anche i bambini possono comprendere il dolore, la guerra, la perdita,” scriveva il sociologo Marco Pellitteri nel suo saggio Mazinga Nostalgia.

Actarus un’analisi psicologica

Ma chi è davvero Actarus? Il suo nome terrestre cela la sua vera identità: Duke Fleed, principe fuggiasco, sopravvissuto alla distruzione del proprio mondo. Questa doppia identità non è solo un espediente narrativo: è il centro nevralgico della sua psicologia.

Actarus vive in costante tensione tra il desiderio di pace e il dovere della guerra, tra l’amore per la Terra e il lutto per Fleed. È un personaggio segnato dal trauma, dalla solitudine, dalla responsabilità. “Actarus è il nostro primo eroe tragico,” scrive Gerdha in una raffinata analisi psicologica del personaggio. “Non combatte per gloria, ma per necessità. Ogni vittoria è anche una ferita.”

Questa complessità emotiva lo rende profondamente umano, nonostante sia alieno. Il suo silenzio, la sua compostezza, il suo sguardo spesso rivolto al cielo sono tratti di una malinconia che i bambini degli anni ’70 hanno percepito, anche senza comprenderla pienamente. E oggi, in un’epoca che riscopre il valore della vulnerabilità, Actarus torna a parlarci con rinnovata intensità.

Le polemiche degli anni ’80

Non mancarono le polemiche. Dario Fo parlò di “mistica del fascismo travestita da cartone animato”, mentre Gianni Rodari difese la serie come “una forma nuova di narrazione epica, capace di parlare ai bambini con sincerità e potenza”. Le interrogazioni parlamentari del 1980, che chiedevano la rimozione degli anime dai palinsesti, testimoniano quanto Goldrake fosse percepito come destabilizzante.

Eppure, proprio in quella destabilizzazione risiedeva la sua forza. Goldrake non era solo un robot: era un simbolo di resistenza, di alterità, di speranza. Il suo ritorno oggi, in un’Italia che ha visto cambiare radicalmente il proprio paesaggio mediale, è un atto di riconoscimento. Non solo verso chi lo ha amato, ma verso ciò che ha rappresentato.

Un mondo boomer

La scelta di Rai 2 di collocarlo in fascia preserale, accessibile a tutte le età, è significativa. Non è un prodotto per bambini, né un semplice revival. È una narrazione che torna a vivere, con il suo carico di emozioni, conflitti e visioni. “Goldrake è stato il nostro primo contatto con l’idea che l’eroismo non è invincibilità, ma capacità di portare il peso del mondo,” ha dichiarato il critico televisivo Aldo Grasso.

Oggi, in un’epoca di reboot e riscritture, Goldrake ci ricorda che alcune storie non hanno bisogno di essere reinventate. Basta riascoltarle con attenzione. E forse, come Actarus, anche noi possiamo imparare a guardare il cielo non solo come fuga, ma come promessa.

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