Cade la pista Diana nell’inchiesta Bardellino. Resta l’ombra dei Bidognetti sull’agguato

Archiviati gli indagati iniziali, tramonta sia il movente passionale che quello commerciale. Ora le ipotesi si spostano sullo scontro mafioso

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Vincenzo D'Angelo, Gustavo Bardellino e Giovanni Lubello

CASAL DI PRINCIPE – Chi ha tentato di uccidere Gustavo Bardellino, nipote del boss Antonio Bardellino – leader della criminalità organizzata dell’Agro aversano fino al 1988 – non ha ancora un nome e un volto. A tre anni da quel raid armato, avvenuto a Formia, la Procura di Roma ha fatto un deciso passo indietro rispetto ai sospettati iniziali, chiedendo e ottenendo dal gip Ilaria Tarantini l’archiviazione. Risultato: non sono più coinvolti nell’inchiesta Luigi Diana (49 anni, originario di Casapesenna ma residente da tempo a Formia), Giovanni Lubello (49 anni, ex genero del boss Francesco Bidognetti, alias ‘Cicciotto ’e mezzanotte’), Luigi Di Tella (aversano trapiantato nel sud pontino), Domenico Scotto (napoletano) e i fratelli Gianluca e Domenico Buonerba.

In un primo momento, l’Antimafia aveva ipotizzato una pista passionale dietro l’agguato, avvenuto il 15 febbraio 2022, quando furono esplosi due colpi di pistola calibro 9×21 contro Bardellino mentre si trovava nella concessionaria Buonerba, dove stava lavorando. Ma quella tesi ha retto. E neppure il movente ‘commerciale’ esplorato dagli investigatori ha avuto riscontri.

Una parte dell’indagine sul raid di piombo – pur non sfociata (almeno ad oggi) in un processo – ha avuto comunque sviluppi sul piano amministrativo: nei mesi scorsi è stata emessa un’interdittiva antimafia contro la Gld Costruzioni, ritenuta collegata a Luigi Diana (la società è formalmente amministrata dal padre, Giacomo). La Gld è nata rilevando quote da un’impresa riconducibile a Rodolfo Statuto, imprenditore deceduto e già imputato nel processo Spartacus (il primo alla mafia dei Casalesi). Il Tar, in attesa del giudizio di merito (sulle presunte ingerenze del clan – fazione Zagaria sulla società), ha sospeso l’efficacia dell’interdittiva, consentendo alla ditta di continuare a eseguire alcuni dei lavori pubblici che si era aggiudicata.

Clan dei Casalesi, guerra senza confini. Dietro l’agguato a Bardellino l’ombra della cosca Bidognetti

Tornando all’agguato del 2022, caduta la pista passionale, è ora possibile che si esplori l’ipotesi di un movente mafioso. L’ombra dei Bidognetti resta sullo sfondo: anche loro, negli anni, hanno esteso la propria presenza su Formia. Potrebbe essere questa la traccia da seguire – nel contesto di una possibile contrapposizione con i Bardellino – per fare luce su quell’episodio.
È ancora aperta, invece, un’altra inchiesta che ha come punto focale sempre Formia, questa volta con Gustavo Bardellino non più vittima ma indagato. Insieme al cugino Calisto, figlio di Ernesto Bardellino, sarebbe al centro di un gruppo criminale legato ai Casalesi, attivo nel basso Lazio.

Secondo la Dda di Napoli, i Bardellino avrebbero assunto un ruolo autonomo nella zona pontina, pur mantenendosi in equilibrio con le gerarchie dei Casalesi. Avrebbero stretto rapporti con figure come Romolo Corvino (56 anni) e Vincenzo Di Caterino, detto ’o piattar (39 anni), entrambi ritenuti vicini alla fazione Schiavone del clan.

A parlare recentemente dei Bardellino è stato anche il collaboratore Vincenzo D’Angelo, esponente dei Bidognetti e dal 2022 collaboratore di giustizia: “Calisto Bardellino era il personaggio più rilevante della famiglia. Avrebbe dovuto vendicare i suoi per riaffermare il potere”.
Secondo D’Angelo, i Bardellino potevano muoversi come clan autonomo tra Formia, Sperlonga, Gaeta, Scauri e Minturno, purché non interferissero con gli interessi degli Schiavone.

Pure il pentito Antonio Lanza ha confermato la loro presunta presenza criminale nel basso Lazio: quando tentò di estendere il traffico di droga in quella zona, gli fu detto che doveva “parlare con i Bardellino”.

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Nel corso dell’indagine su questa ipotizzata nuova alleanza tra bardelliani e Casalesi, è riaffiorato perfino il dubbio sull’uccisione di Antonio Bardellino: ufficialmente assassinato in Brasile nel 1988 da Mario Iovine, ma intercettazioni, avvistamenti, fotografie e testimonianze hanno alimentato il sospetto che possa non essere mai morto e abbia continuato a vivere in Sud America. Un mistero che, come la verità sull’agguato a Gustavo, resta ancora senza risposta.

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