Clan dei Casalesi. Per i giudici è ancora pericoloso: sorveglianza speciale per Elio Diana

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Gaetano Diana e il padre Elio

CASAL DI PRINCIPE – Per i giudici non basta l’età che avanza, non bastano gli undici anni di carcere al 41 bis che si è messo alle spalle, non bastano neppure i problemi di salute e le buste paga di un lavoro ‘regolare’. Su Elio Diana, 66 anni, cognato e storico braccio destro di Francesco Schiavone Cicciariello, continua a pesare un giudizio di pericolosità sociale attuale. E la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Casal di Principe deve andare avanti fino alla scadenza fissata per giugno del prossimo anno. Lo ha deciso l’ottava sezione penale della Corte d’appello di Napoli – collegio presieduto da Maria Grassi con le consigliere Fernanda Iannone e Corinna Forte -, che ha rigettato l’appello proposto nell’interesse di Diana contro il decreto del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere del 4 giugno scorso. Quel provvedimento aveva già negato la revoca della misura di prevenzione.

L’iter della “sorveglianza”

La storia giudiziaria che porta a questa decisione è lunga. Nel 2014 il Tribunale sammaritano applica per la prima volta a Elio Diana la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, riconoscendogli una ‘pericolosità qualificata’ per l’appartenenza al clan dei Casalesi. L’esecuzione della misura però resta sospesa, perché dal 27 luglio 2011 al 6 aprile 2022 Diana è detenuto, anche al 41 bis. Solo dopo la scarcerazione, alla luce della sentenza della Consulta numero 291 del 2013 che impone la rivalutazione della pericolosità dopo lunghe detenzioni, il Tribunale riesamina il suo profilo: con decreto del 22 marzo 2023 conferma l’attualità della pericolosità e fa partire la misura. La Corte d’appello, il 28 novembre 2023, convalida definitivamente. Nel nuovo procedimento, la difesa ha cercato di ribaltare quel giudizio sostenendo che dal 6 aprile 2022 nessuna Procura ha segnalato frequentazioni sospette o contatti con ambienti di malaffare. Sono stati evidenziati anche problemi di salute e un lavoro regolare. Per la difesa, il giudizio di pericolosità sarebbe ancorato al passato.
La Corte respinge punto per punto. Per chi ha avuto un ruolo attivo in un clan camorristico, spiegano i giudici, vale la presunzione di stabilità del vincolo associativo, salvo prove chiare di rottura. Il semplice decorso del tempo o il rispetto delle prescrizioni sono considerati elementi ‘neutri’, non indicatori di reale cambiamento.

Il “curriculum” del ras

Per capire perché i giudici considerano ancora oggi Diana pericoloso, occorre guardare al suo passato. È stato per anni il braccio destro di Cicciariello, referente per le estorsioni, figura di peso a Casal di Principe.

Ha riportato una prima condanna negli anni ’90 per intestazione fittizia e vanta tre condanne definitive per associazione mafiosa dal 2004 al 2011. Nel mezzo, anche una precedente sorveglianza speciale applicata nel 2008. Per la Corte, tutto questo descrive una “personalità tenacemente dedita al delitto, impermeabile ai periodi di detenzione”, che “una volta riacquistata la libertà ha sempre ripreso a delinquere”.

L’auto rubata

E c’è anche un episodio recente: una denuncia per ricettazione, dopo che nel cortile nella sua disponibilità è stata trovata un’auto rubata. Non è una condanna, ma per i giudici è un indizio che la vita “lontano dal crimine” non è così limpida come sostiene la difesa.
Manca, dicono i giudici, ciò che sarebbe decisivo: un reale gesto di dissociazione, una presa di distanza pubblica e concreta dal clan.

Il rapporto con Mezzero

C’è un altro elemento, non centrale nel decreto ma rilevante sul piano investigativo. Nel 2023 il nome di Elio Diana è emerso in un’inchiesta della Dda che ha riportato in cella il boss Antonio Mezzero e i nipoti Alessandro e Michele. Secondo i carabinieri del Nucleo investigativo, la rete di contatti del gruppo mafioso vedeva Diana nuovamente inserito nel quadro relazionale del clan. Le intercettazioni parlano di un certo Stefano incaricato da Michele Mezzero (su ordine del boss Antonio) di contattare Gaetano Diana per avvertire il padre di un incontro con il capozona di Brezza. Diana non è indagato in quel procedimento, ma il suo nome torna, a detta degli investigatori, nel “nuovo scacchiere” mafioso delineato dagli inquirenti.

Il collaboratore

A rendere il quadro potenzialmente più critico per Diana è l’avvio della collaborazione con la giustizia di Vitaliano Raimondo, cognato del figlio Gaetano. Se il nuovo pentito dovesse riferire su dinamiche economiche o criminali riconducibili alla famiglia, le sue dichiarazioni potrebbero incidere sia sulle future indagini sia sulle valutazioni di pericolosità.

La conclusione dei giudici

Tornando al decreto della Corte d’appello, la conclusione è netta: il “periodo di silenziosa tranquillità” richiamato dalla difesa non rappresenta alcun segnale concreto di resipiscenza o dissociazione. Per questo – scrivono i giudici – “non sussistono elementi per ritenere scemata la pericolosità ai fini di una riduzione del periodo di sottoposizione alla misura di sorveglianza speciale”.

Il cognato di Gaetano Diana collabora con la giustizia

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