Il tributo di Diana a Sandokan junior: a foto abbracciato a Emanuele Libero Schiavone

Sono amici, parenti e insieme vennero arrestati dalla polizia nel 2012 per il raid al Roxy Bar. Gaetano Diana è accusato dalla Dda di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio con l’aggravante mafiosa. E il papà Elio per i giudici è ancora pericoloso

“Va a dormire presto la sera”, “innamoratissimo” e del padre Francesco Sandokan Schiavone, “non parla”: è così che Emanuele Libero Schiavone viene raccontato oggi da diversi suoi concittadini.

Chi si aspettava un rientro a Casale trionfale, chiassoso, è rimasto deluso: dopo aver trascorso circa 13 anni in prigione, il figlio del fondatore del clan dei Casalesi preferisce avere un profilo basso e, almeno per ora, prova a tenersi lontano dai guai. Si sta guardando intorno, ha bisogno di capire, di tastare con mano il territorio da cui è mancato per molto tempo.

Del resto, le dinamiche criminali sono cambiate: al netto degli aggiornamenti dagli ‘amici’ che avrebbe ricevuto in cella (anche grazie ai cellulari clandestini – circostanza riferita nel 2023 dal pentito Vincenzo D’Angelo ai magistrati della Dda), necessita di calma per tracciarle, assimilarle e decidere cosa fare. Tagliare i ponti con la mafia di cui ha fatto parte e che gli ha già rubato 13 anni di libertà o provare ad andare ad occupare gli spazi vuoti, formatisi grazie arresti e pentimenti, e ricostruire? Scelta amletica. E in questa fase di riflessione, ben monitorata dagli investigatori, Emanuele Libero, a 33 anni, continua a camminare con il peso di essere visto come un giovane che ha ereditato il trono del male (anche se in profonda decadenza).

La famiglia

Il fratello maggiore, Nicola, ha iniziato a collaborare con la giustizia nel 2018 e poco dopo la mamma, Giuseppina Nappa, e le sorelle hanno lasciato l’Agro aversano aderendo al programma di protezione offerto ai familiari dei pentiti.

Nel 2021 ha scelto di parlare con i magistrati pure Walter, il secondogenito, ed ha meno di un mese la notizia che a rompere il vincolo di omertà per confrontarsi con l’Antimafia adesso c’è pure il padre e fondatore dei Casalesi. Con Ivanhoe che ha candidamente ammesso in vari suoi sfoghi intercettati di non avere le capacità per rimettere in sesto il clan (a D’Angelo, nel 2021, disse che aspettava la scarcerazione proprio di Emanuele Libero per mettere i dissidenti in riga) e Carmine, ancora in cella, è il 33enne di casa Sandokan il principale indiziato a raccogliere ciò che resta della creatura mafiosa casalese (perché gli Zagaria hanno altre ambizioni e i Bidognetti, ad oggi, sono sostanzialmente azzerati).

E così accade che in tanti, a Casale, quando vedono arrivare Emanuele Libero, in attesa che decida del suo futuro, preferiscono filare via, evitando di incontrarlo. Ma c’è anche chi, al contrario, aspettava con ansia la sua scarcerazione e che ora non viene minimamente sfiorato dall’idea di scansarlo. E tra le persone che hanno esultato per il ritorno in libertà del figlio del capoclan pentito c’è Gaetano Diana, anche lui 33enne, figlio del mafioso Elio (cognato del boss Francesco Schiavone Cicciariello e storico esponente di vertice del clan dei Casalesi).

Foto-ricordo

Il ragazzo ha tributato il ritorno in città di Emanuele Libero, suo amico e parente, postando una foto sui social. Uno scatto di qualche anno fa che li ritrae insieme, giovanissimi e con gli occhiali da sole, corredata da una didascalia onomatopeica. La speranza è che sia solo un segnale di amicizia, di affetto. Ma il timore, invece, poiché il mondo mafioso vive di sottotesti, è che possa significare altro, che vada a rappresentare un messaggio a chi si stava allontanando dagli Schiavone, a chi aveva iniziato a costituire un gruppo criminale autonomo.

Ambizioni e progetti che adesso potrebbero essere ostacolati dalla riconquistata libertà di Sandokan jr. I prossimi mesi saranno fondamentali per capire se dietro quella foto diffusa sui social ci sia o meno in filigrana la ricostruzione che abbiamo fatto (il germe dei rampolli di importanti famiglie mafiose che punta a riorganizzare la cosca).

L’attenzione dei magistrati

Al momento possiamo solo dire che sia il figlio di Sandokan che quello di Elio Diana sono attenzionati dalla magistratura. Per il primo, a quanto pare, dovrebbe essere proposta a breve una misura di prevenzione personale, per il secondo il sostituto procuratore della Dda di Napoli, Maurizio Giordano, ha presentato ricorso in Appello contro la sentenza del Tribunale di S. Maria C.V. che lo aveva assolto dall’accusa di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di droga con l’aggravante mafiosa (l’udienza di via del processo di secondo grado, però, non è ancora stata fissata). A saldare il legame tra i due c’è anche un reato commesso nel 2012.

Dopo aver perso molti soldi giocando con una slot-machine installata nel Roxy Bar, decisero di riappropriarsi di quei quattrini. Come? Sfondando la macchinetta con un flex e con un palo di ferro. Una volta ‘aperta’ si appropriarono di tutto il denaro che c’era al suo interno. E per tale condotta vennero ammanettati nell’aprile di 12 anni fa dagli agenti della Squadra mobile di Caserta.

Elio Diana pericoloso

Soffermandoci su casa Diana, la Cassazione ha recentemente confermato per Elio, 64enne, la misura di sorveglianza speciale per tre anni.

Contro questo provvedimento, deciso il 28 novembre scorso dalla Corte d’appello di Napoli, gli avvocati del mafioso avevano presentato ricorso sostenendo che erroneamente veniva considerato ancora socialmente pericoloso non dando il giusto rilievo al suo lungo periodo di detenzione trascorso al 41 bis, ignorando la condotta “regolare” tenuta in carcere, l’attività lavorativa intrapresa e il mestiere di insegnare svolto dalla moglie, Rosalba Schiavone (sorella di Cicciariello e cugina del capoclan Sandokan).

Gli ‘Ermellini’ nel respingere il ricorso hanno ripercorso la storia criminale di Elio Diana, ricordando che è stato condannato per ben tre volte per mafia con il ruolo di braccio destro del cognato Cicciariello e di addetto al settore delle estorsioni.

A questi requisiti criminali, negli anni trascorsi in cella non ha contrapposto, ha sottolineato la Cassazione, segnali “chiari di abbandono delle logiche associative, non avendo neppure mai dichiarato o in quale modo manifestato la volontà di un radicale allontanamento dal gruppo criminale”.

Insomma, scontate le pene che lo Stato gli aveva inflitto, la vita di Elio Diana sarebbe ancora intrisa (potenzialmente) di mafia e per tali ragioni è giusto, dice la Cassazione, tenerlo sottoposto alla sorveglianza speciale.

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