Un grido di allarme, forte e chiaro, si leva dalla sezione locale della Caritas di Aversa. Nonostante l’impegno costante e la gratitudine per il cuore generoso di tanti cittadini, i volontari dell’organizzazione di solidarietà hanno deciso di rompere il silenzio su una pratica sempre più diffusa e problematica: la donazione di abiti e calzature sporche, rotte o in condizioni assolutamente indecenti presso la parrocchia San Michele Arcangelo, vicino la Stazione, ogni martedì dalle 17.30 alle 19. La presa di posizione, giunta proprio alla vigilia dell’avvicinarsi del periodo pre-natalizio – momento in cui tradizionalmente gli aiuti e le donazioni aumentano – ha l’obiettivo di sensibilizzare la comunità sul vero significato della carità e del rispetto per chi è meno fortunato. A parlare è una delle volontarie storiche, che si fa portavoce dell’intera squadra che opera quotidianamente nel centro aversano. Le sue parole non lasciano spazio a interpretazioni: “Parlo a nome di noi volontari della Caritas che ogni giorno dedichiamo tempo e impegno per sostenere le famiglie che vivono momenti difficili. Vogliamo innanzitutto ringraziare di cuore chi dona con attenzione e rispetto: il vostro aiuto fa davvero la differenza e rende possibile il nostro lavoro”. Dopo la doverosa e sentita gratitudine, il tono si fa più fermo per affrontare il nocciolo della questione, che sta diventando un ostacolo logistico ed etico insostenibile: “Devo però essere molto chiara: non possiamo più accettare abiti sporchi, macchiati, rotti o scarpe consumate e logore. Capita troppo spesso e questo non è un gesto di carità, ma un ulteriore peso”. Questo “ulteriore peso” si traduce in un triplice problema: Carico di lavoro aggiuntivo, visto che i volontari, che già dedicano gratuitamente il loro tempo a smistare il materiale utilizzabile, sono costretti a impiegare ore preziose a separare e scartare quanto non è in condizioni idonee. Costi di smaltimento: il materiale di scarto non può essere semplicemente buttato, ma deve essere gestito e smaltito correttamente, generando un costo vivo che la Caritas dovrebbe invece destinare ad altri aiuti essenziali. Mancanza di rispetto: consegnare abiti sudici o inutilizzabili è percepito come un profondo atto di mancanza di rispetto sia verso i volontari che verso le persone in difficoltà che dovrebbero riceverli. Il messaggio centrale dell’appello è cristallino e mira a sfatare una convinzione errata, che sembra guidare alcune donazioni sconsiderate: “La Caritas non è una discarica”. Molti, forse con l’intenzione di “svuotare l’armadio” o “fare pulizia”, confondono l’azione caritatevole con il liberarsi dei propri rifiuti tessili. La volontaria sottolinea che la vera carità non è ciò che si scarta, ma ciò che si dà con dignità. “Chi dona è invitato a farlo con responsabilità: solo capi puliti, decorosi e in buono stato, utilizzabili immediatamente. Donare è un gesto bellissimo, ma deve essere fatto con rispetto, pensando a chi riceverà l’indumento. Nessuno vorrebbe indossare un capo macchiato o strappato.” Il principio è semplice: si dovrebbe donare solo ciò che si sarebbe disposti a dare al proprio vicino o amico. Se un capo è troppo indecente per essere messo in un sacchetto e dato direttamente a una persona conosciuta, non è certamente adatto alla donazione alla Caritas. L’appello si conclude con un ringraziamento rinnovato a chi pratica la carità con consapevolezza, ma soprattutto come un invito a una maggiore riflessione civica e umana. La dignità dei beneficiari e il rispetto per il lavoro instancabile dei volontari devono essere i pilastri di ogni gesto di solidarietà.
Aversa, allarme Caritas: “Non siamo una discarica”
Una delle portavoce dei volontari: basta ad abiti portati da noi in condizioni inservibili, rappresentano solo un ulteriore peso



















