Pizzo nel trasporto sanitario, arrestato 77enne di Ottaviano. Diceva: “Vengo a nome degli amici di Castellammare”

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Carabinieri di Ottaviano

CASTELLAMMARE DI STABIA – E’ un racconto di paura, silenzi e resistenza quello che emerge dall’ordinanza firmata dal giudice per le indagini preliminari, Donatella Bove, che ha disposto la custodia cautelare in carcere nei confronti di Vincenzo Cannavale, 77 anni, di Castellammare di Stabia e residente a Ottaviano. L’uomo è accusato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso nei confronti di un imprenditore del trasporto sanitario. Al centro della vicenda c’è un intreccio che si snoda per mesi, tra pressioni sempre più esplicite, incontri cercati e mai concessi, ritorsioni notturne e la consapevolezza crescente, da parte della vittima, di essere finito nel mirino di un sistema criminale che da anni cerca di imporre la propria presenza nel territorio di Castellammare di Stabia. Il racconto della vittima, messo nero su bianco nella querela presentata il 19 settembre, è un tassello centrale nelle indagini.

L’imprenditore ricostruisce un percorso lavorativo complesso, segnato da anni di partecipazioni a gare pubbliche per l’emergenza 118 e ser- vizi secondari presso diversi ospedali della Campania. Tra questi, un ruolo centrale lo ha rappresentato il servizio svolto sul territorio di Castellammare di Stabia, ottenuto dopo un lungo contenzioso amministrativo E’ proprio qui che iniziano i problemi. Dal 2023 racconta la vittima – dipendenti della sua associazione vengono avvicinati da persone riconducibili agli ambienti criminali locali. Le richieste sono sempre le stesse: l’imprenditore deve “mettersi in regola”, deve “riconoscere una quota”. E’ la formula, fin troppo nota, che accompagna le pretese estorsive delle organizzazioni del territorio.

L’imprenditore evita incontri diretti, si tiene lontano dalle postazioni di servizio, pro- va ad allontanare l’ombra che incombe sulla sua attività. Ma nel 2025 la pressione si intensifica. La svolta arriva con l’arrivo, presso la sede di Ottaviano dell’associazione, di un uomo che si presenta
come emissario degli “amici di Castellammare”. Secondo l’accusa, quell’uomo è proprio Vincenzo Cannavale. L’obiettivo è chiaro: ottenere
una percentuale sugli appalti o la cessione di alcuni servizi in subappalto. L’imprenditore rifiuta. E’ una scelta che ha un prezzo. Nella notte del 22 gennaio, qualcuno entra nel parcheggio dove sostano le ambulanze dell’associazione. Colpisce quattro mezzi: vetri infranti, pneumatici squarciati. E’ un messaggio preciso, pensato per non lasciare dubbi sulla paternità del gesto. La vittima non denuncia nell’immediato. In quei mesi, la scomparsa della moglie rende ogni valutazione più difficile. Ma la paura rimane, sotterranea, presente. E qualche mese dopo ritorna, più forte.

Settembre 2025. In un bar di Ottaviano, un uomo si avvicina all’imprenditore. In poche parole gli ricorda che “ha un problema a Castellammare” e lo invita a risolverlo. Da lì, la decisione di rivolgersi ai carabinieri. Quando agli investigatori consegna il video
del danneggiamento delle ambulanze, le immagini confermano il racconto. E quando gli viene sottoposto un album fotografico, l’imprenditore riconosce senza esitazioni Cannavale come l’uomo che aveva preteso di incontrarlo “per conto degli amici”. Non è solo una memoria soggettiva: le telecamere del bar, acquisite dagli inquirenti, riprendono l’indagato la mattina del 23 ottobre 2025 nello stesso luogo e nello stesso momento in cui l’imprenditore riferisce di averlo incontrato. Il gip sottolinea nella sua ordinanza la coerenza del racconto della
vittima, priva di contraddizioni, e il riscontro oggettivo fornito dai video. Il metodo utilizzato, secondo il giudice, presenta i connotati tipici dell’aggravante mafiosa: il riferimento agli “amici di Castellammare”, l’allusione a un’organizzazione criminale in grado di controllare il territorio, il linguaggio mirato a generare soggezione.

L’estorsione, secondo la ricostruzione degli atti, non si sarebbe completata soltanto grazie alla resistenza della vittima. Questo colloca l’ipotesi di reato nella fattispecie di tentata estorsione aggravata. Un passaggio fondamentale dell’ordinanza riguarda la valutazione
della pericolosità sociale di Cannavale. Il suo passato giudiziario è definito “significativo”: dagli anni Sessanta in poi accumula numerose condanne, tra cui contrabbando, detenzione illegale di armi, associazione mafiosa, violazioni di misure di prevenzione, usura, tentata estorsione. Per il gip, questi elementi dimostrano che l’indagato non si è mai realmente dissociato dagli ambienti criminali di riferimento. Ne consegue un rischio concreto che, se lasciato in libertà, possa reiterare con- dotte della stessa natura. Perché il carcere è l’unica misura
ritenuta adeguata.

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