Attivisti italiani feriti da coloni in Cisgiordania

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Violenza coloni
Violenza coloni

Un gruppo di circa dieci coloni israeliani mascherati ha assaltato una casa nella comunità di Ein al-Duyuk, vicino a Gerico, in Cisgiordania occupata. L’attacco è avvenuto nella notte, mentre all’interno dormivano quattro attivisti internazionali: tre di nazionalità italiana e uno canadese.

I volontari si trovavano nell’area per svolgere attività di solidarietà e monitoraggio a sostegno della popolazione beduina locale, spesso vittima di espropri di terre e intimidazioni legate all’espansione degli insediamenti.

Secondo le ricostruzioni fornite da fonti mediche e di sicurezza palestinesi, gli aggressori hanno fatto irruzione all’alba urlando: «Svegliatevi, italiani». Hanno quindi dato il via a un pestaggio brutale, sferrando pugni e calci al costato, all’addome e alle gambe dei quattro. Oltre alla violenza fisica, hanno sottratto passaporti, telefoni cellulari e altri oggetti personali.

I quattro feriti sono stati trasportati all’ospedale di Gerico per ricevere le prime cure e sono stati successivamente dimessi. Le condizioni dei tre cittadini italiani non destano preoccupazione: due di loro hanno riportato lesioni lievi, mentre per il terzo è stato raccomandato un periodo di riposo.

L’episodio ha scatenato un’immediata reazione diplomatica. Il Ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha definito l’accaduto «gravissimo». Ha inoltre chiesto formalmente al governo israeliano di intervenire per bloccare «gli atti di violenza di questi coloni, che minano ogni possibilità di pace e sicurezza per la popolazione civile».

Questa aggressione non rappresenta un caso isolato. Secondo l’agenzia palestinese Wafa, che ha documentato l’evento, l’attacco si inserisce in una serie di violenze che negli ultimi mesi hanno preso di mira attivisti internazionali e palestinesi nelle comunità rurali. Il fenomeno riflette una crescente tensione nella regione e una strategia di pressione sulle comunità autoctone.

Per gli operatori umanitari che lavorano per la tutela dei diritti umani, l’episodio è un chiaro segnale dell’escalation di intimidazioni coordinate. Molti di loro si trovano in queste aree proprio per documentare gli abusi e le pressioni esercitate dai coloni contro famiglie, agricoltori e pastori, testimoniando una realtà quotidiana spesso ignorata.

L’evento ha riacceso il dibattito internazionale sulla sicurezza dei volontari in aree di conflitto e sull’illegalità dell’occupazione. Ci si interroga su come possa essere garantita la protezione a chi opera sul campo per difendere i diritti e la dignità di comunità emarginate, e quali siano le responsabilità dei governi per prevenire e punire questi attacchi.

Nel frattempo, gli attivisti coinvolti, insieme a coloro che continuano a operare nella regione, hanno rinnovato la richiesta di visibilità, solidarietà internazionale e garanzie reali di protezione, affinché la violenza non resti impunita.

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