Economia circolare: in Italia è trainata dai piccoli

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Economia circolare
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Il report “L’Italia che ricicla 2025”, promosso dalla sezione Unicircular di Assoambiente, ha fotografato la struttura industriale del settore del recupero nel nostro Paese. L’analisi, condotta dalla società di ricerca Ref su un campione di 1.192 operatori e basata sui bilanci del 2023, ha rivelato un panorama dominato da microimprese.

Queste realtà, con meno di 10 addetti e ricavi inferiori a 2 milioni di euro, costituiscono il 59% del totale, una quota che sale al 69% nel Sud e nelle Isole. Il tessuto produttivo si completa con un 31% di piccole aziende e appena l’1% di grandi operatori. Il volume d’affari complessivo del campione ha superato i 5,6 miliardi di euro, ma la ricchezza risulta concentrata nelle mani di un numero ristretto di imprese di maggiori dimensioni.

Se da un lato la dimensione ridotta garantisce flessibilità e capacità di adattamento, dall’altro rappresenta un limite organizzativo e finanziario. Le imprese più grandi hanno mostrato una produttività del lavoro quasi quadrupla (483mila euro per addetto contro 123mila), una migliore posizione finanziaria e un più facile accesso al credito per investire in impianti e innovazione.

Paolo Barberi, presidente di Unicircular, ha spiegato che questo modello permette di raggiungere obiettivi eccellenti, specialmente in settori poco attrattivi per i grandi gruppi. “Prendiamo gli inerti, la metà dei rifiuti prodotti in Italia: hanno un costo di smaltimento così basso che ai grandi può non interessare”, ha affermato. I piccoli, invece, possono sviluppare soluzioni locali, creando circuiti virtuosi.

Tra le criticità emerse, Barberi ha citato l’incertezza normativa e i tempi autorizzativi per gli impianti, troppo lunghi per le esigenze dei grandi investitori. Un altro problema cruciale è la mancanza di un mercato stabile per le materie prime seconde. “Stiamo assistendo alla crisi del riciclo della plastica, messo in difficoltà dalla concorrenza del materiale vergine”, ha osservato.

Questa situazione rischia di bloccare l’intera filiera del recupero. La soluzione proposta è un sistema di incentivi e certificati per chi utilizza materiale riciclato, valorizzando il risparmio di risorse ed energia. Molte attese sono riposte nel Circular Economy Act, previsto per il 2026.

Chicco Testa, presidente di Assoambiente, ha concluso sottolineando il valore strategico del riciclo per la decarbonizzazione e la sicurezza delle risorse. Ha però chiesto un cambio di passo, con regole chiare e stabili, una fiscalità di vantaggio per chi investe nella circolarità e una politica di acquisti pubblici che sostenga il mercato dei prodotti riciclati.

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