Una nuova speranza nella lotta contro l’inquinamento da plastica arriva dal mare. Uno studio innovativo, pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Science and Pollution Research, ha identificato nel microbioma del plancton una potenziale soluzione per degradare i materiali polimerici che infestano gli oceani.
La ricerca è frutto di una collaborazione internazionale tra l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), le Università di Pisa e Torino, l’Università di Manitoba (Canada) e la Zhejiang Ocean University (Cina). Il team ha esplorato un’ipotesi basata sull’osservazione dei processi naturali per contrastare l’accumulo di rifiuti.
L’inquinamento da materie plastiche è una minaccia globale. Milioni di tonnellate di rifiuti finiscono ogni anno negli ecosistemi marini, frammentandosi in microplastiche che persistono per secoli. Queste particelle entrano nella catena alimentare, causando danni incalcolabili alla fauna e agli habitat. Trovare un metodo di degradazione efficace è quindi una priorità scientifica.
L’idea alla base dello studio parte da un presupposto semplice: la natura possiede già organismi specializzati nel degradare molecole complesse. L’attenzione si è concentrata sullo zooplancton marino e, in particolare, sui copepodi, piccoli crostacei che ne costituiscono circa l’80% della biomassa.
Questi organismi possiedono un esoscheletro di chitina, un polimero naturale molto resistente. Il microbioma associato ai copepodi, cioè la comunità di microrganismi che vive su di essi, ha sviluppato nel tempo la capacità di degradare la chitina per riciclarne i componenti. Data l’analogia strutturale tra la chitina e alcuni polimeri sintetici, i ricercatori hanno ipotizzato una simile capacità degradativa anche verso la plastica.
L’ipotesi degli scienziati era che questo “corredo” enzimatico, già specializzato nel rompere i legami di un polimero naturale, potesse essere efficace anche contro quelli artificiali. I risultati hanno confermato questa intuizione, aprendo prospettive importanti per il trattamento dei rifiuti in ambiente acquatico.
Questa scoperta è un punto di partenza fondamentale. I prossimi passi consisteranno nell’isolare i ceppi batterici responsabili di tale capacità, studiarne gli enzimi e testarne l’efficacia su diverse tipologie di plastica in condizioni controllate. Il potenziale è enorme.
In futuro, si potrebbero sviluppare tecnologie di biorisanamento basate su questi microrganismi, impiegando “cocktail” enzimatici per accelerare la decomposizione dei rifiuti plastici. Ancora una volta, la natura potrebbe offrire la chiave per rimediare a un grave problema ambientale creato dall’uomo.




















