Italia, treni al collasso: la denuncia di Legambiente

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Trasporto ferroviario
Trasporto ferroviario

Il rapporto Pendolaria 2025 di Legambiente ha certificato una situazione critica per il trasporto ferroviario in Italia. Nonostante un aumento del numero di passeggeri dopo la pandemia, i servizi non sono stati adeguati, lasciando il sistema in un perenne affanno, bloccato a condizioni di quindici anni fa.

Dopo il periodo pandemico, i viaggiatori giornalieri sui treni regionali sono tornati a crescere, attestandosi a circa 2,47 milioni. Questa cifra, sebbene in ripresa, rimane inferiore ai 2,87 milioni del periodo 2009-2019. Tuttavia, la ripresa della domanda, ampiamente segnalata, non ha trovato corrispondenza in un miglioramento strutturale dell’offerta.

Le conseguenze per milioni di studenti e lavoratori sono ritardi cronici, soppressioni di corse e una carenza generale di informazioni. Questi disservizi rendono il treno una scelta spesso obbligata e frustrante, anziché una soluzione di mobilità comoda e sostenibile.

Il report ha messo nero su bianco un profondo divario tra Nord e Sud, una disuguaglianza strutturale che penalizza intere comunità. I numeri sono emblematici: in Sicilia circolano ogni giorno 469 treni regionali, a fronte dei circa 2.200 della Lombardia. Sebbene la popolazione pendolare lombarda sia il doppio di quella siciliana, il numero di convogli è quasi cinque volte superiore.

Il confronto diventa ancora più netto analizzando i treni-chilometro in rapporto alla superficie: la Lombardia supera i 1.400, mentre la Sicilia si ferma a 428. Questo dato non indica una semplice differenza gestionale, ma una disparità profonda nell’offerta di mobilità su rotaia.

Un altro paradosso evidenziato è quello dei treni nuovi su binari vecchi. Grazie ai fondi europei, l’età media del materiale rotabile è scesa a 14,8 anni, ma il rinnovamento resta insufficiente. La situazione esplode in regioni come la Sicilia, dove i moderni treni “Blues” devono circolare su una rete per l’85% a binario unico e per quasi la metà non elettrificata. A ciò si aggiunge la chiusura decennale di molte linee per lavori mai portati a termine.

Secondo Legambiente, il problema è soprattutto politico. Il dibattito pubblico e gli stanziamenti si concentrano su grandi opere mediaticamente visibili, come il Ponte sullo Stretto, distogliendo l’attenzione e le risorse dalle priorità quotidiane dei territori. Gli esperti che hanno redatto il documento chiedono un’inversione di rotta.

L’appello è di destinare i fondi al potenziamento del trasporto pubblico locale, ammodernando infrastrutture reali, concrete e già esistenti ma ormai obsolete. Senza investimenti diffusi sulle linee, sull’aumento delle frequenze e sulla manutenzione, il rischio è di continuare a parlare di un futuro avveniristico, lasciando però che il presente dei pendolari rimanga fermo e problematico.

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