Abbiamo riflettuto per giorni sull’opportunità di pubblicare la notizia dell’adozione di misure di protezione a tutela del nostro giudiziarista Giuseppe Tallino. Non perché non ci inorgoglisca il riconoscimento implicito del nostro impegno contro la criminalità organizzata, che si esplica attraverso il resoconto quotidiano delle nefandezze commesse da boss e gregari e delle vicende processuali che li coinvolgono. Ma perché aborriamo l’idea di sventolare quest’impegno, che riteniamo il fulcro del nostro lavoro in territori in cui il problema è ancora drammaticamente attuale, per mera autocelebrazione o addirittura per autopromozione, oggi che l’impegno civile viene venduto come un qualsiasi bene di consumo. Se abbiamo deciso di farlo è perché in questi giorni s’è rafforzata la consapevolezza della gravità di quanto accaduto.
Un boss della camorra, Augusto La Torre, che riesce a far uscire dal carcere parole di fuoco contro un giornalista dalla schiena dritta come Tallino, contro il sostituto procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia Alessandro D’Alessio e addirittura contro il capo della procura di Santa Maria Capua Vetere, Maria Antonietta Troncone. Figure che rappresentano un faro di speranza per il riscatto della nostra terra.
E se è vero, come ritiene la Dda, che il clan La Torre sta rialzando la testa, allora la preoccupazione per le parole del boss, che in un’intervista ribadisce di aver commesso diversi omicidi e ricorda la sua “affiliazione a Cosa Nostra”, aumenta ulteriormente. Preoccupazione evidentemente condivisa anche delle autorità preposte, che hanno deciso di proteggere il nostro collega.
Noi ci auguriamo che parlare pubblicamente sia delle minacce subìte sia dell’attenzione delle istituzioni sulla vicenda, attraverso l’adozione di specifiche misure di sicurezza, possa rappresentare un deterrente per chiunque pensi di poter esprimere con prepotenza o addirittura violenza il proprio disappunto per il lavoro che i nostri giornalisti svolgono ogni giorno per strada e nelle aule dei tribunali.
Ci hanno rincuorato le manifestazioni di sostegno e vicinanza da parte dei colleghi, dei magistrati, delle forze dell’ordine e di politici di ogni livello e colore. Peccato per il vergognoso silenzio del sindacato, ma per quello che rappresenta va bene così. Una cosa è certa ed è bene che anche La Torre se ne faccia una ragione. Lo Stato c’è e ci siamo anche noi. Continueremo a fare il nostro lavoro, sempre e comunque.