Di Donatella Di Nitto
ROMA (LaPresse) – Tempo ‘quasi’ scaduto. L’invito del presidente della Camera, Roberto Fico, a comporre le commissioni entro martedì 19 giugno, in poche ore si è trasformato in un imperativo. Con l’obiettivo di rendere pienamente operativi gli organismi parlamentari già a partire da giovedì prossimo. A 105 giorni dalle elezioni la fretta c’è, è evidente. Tant’è vero che il leitmotiv, sia nella maggioranza che all’opposizione, è che “il Parlamento deve iniziare a lavorare”. Un tempo lunghissimo, ma non un record. ‘Meglio’ del governo giallo-verde ha fatto solo l’esecutivo guidato da Alcide De Gasperi nel 1948. Quando ci fu la prima riunione delle commissioni dopo 200 giorni, in tutto sette mesi. Stiamo parlando però del dopoguerra e dell’avvio della Repubblica.
Bisogna quindi chiudere e arrivare in conferenza dei capigruppo (convocata alle 16 a Montecitorio e alle 11 a Palazzo Madama il 19 giugno). Con i componenti delle commissioni indicati dai rispettivi gruppi parlamentari e procedere all’elezione dei presidenti.
Stop a perdite di tempo, insomma
Il presidente della Camera lo aveva chiesto già venerdì scorso nella una lettera ai capigruppo e la risposta è arrivata a stretto giro. “Entro domani sera ci saranno i nomi dei membri delle commissioni. Ed entro mercoledì, giovedì, quindi, le commissioni saranno operative”. Al momento a Montecitorio mancherebbero all’appello solo Lega e Fdi, mentre in Senato sembra che i gruppi abbiano fatto i compiti a casa. Nelle liste consegnate c’è anche una novità, rispetto alle previsioni. Matteo Renzi sarà componente del Copasir oltre che della commissione Esteri del Senato.
Chiusa questa partita, si passerà alla nota dolente della questione. Le commissioni speciali e di garanzia, su cui è in corso un braccio di ferro tra le opposizioni
Tema che è al centro della riunione cui parteciperanno Forza Italia, Fratelli d’Italia e Partito democratico martedì mattina alle 10, alla Camera. FdI, in particolare, in questa sede dovrà chiarire se collocarsi in quota maggioranza o in quota opposizione. Il partito di Giorgia Meloni, che insiste sul fatto di non essere al governo, ha infatti rivendicato la presidenza del Copasir, con Edmondo Cirielli (attualmente questore alla Camera). Una diatriba che coinvolge il Nazareno, riuscito a posizionarsi finora, nella distribuzione degli incarichi di palazzo, solo con due vicepresidenti nei rispettivi rami del parlamento.
Il nodo resta l’astensione di FdI al momento della fiducia al governo di Giuseppe Conte. Astensione che, rilevano fonti politiche, non equivale ad un ‘no’. LeU e Partito democratico sono infatti saliti sulle barricate sottolineando che “non esistono precedenti in cui il Comitato per l’ordine e la sicurezza della Repubblica è stato affidato a una forza politica chiaramente ambigua”. Liberi e uguali ha pertanto chiesto l’intervento della giunta per il regolamento, mentre i dem hanno chiamato in causa direttamente i presidenti Fico e Casellati.
L’affaire Copasir potrebbe andare a ricasco anche della presidenza della Vigilanza Rai, su cui aveva orientato le sue preferenze il partito di Silvio Berlusconi. I nomi in lizza sono Maurizio Gasparri o Paolo Romani, ma qualora il Pd restasse fuori non sono poche le spinte per escludere gli azzurri da una guida così importante, in un contesto che vede anche il rinnovo dei vertici Rai. Da stabilire anche i presidenti delle giunte per le Immunità del Senato e delle Autorizzazioni della Camera, su cui, viene spiegato, profili di competenza scarseggiano. In passato fu Ignazio La Russa a guidare quella a Montecitorio e a quanto pare sarebbe oggi pronto da senatore a presiedere quella a palazzo Madama.