ROMA – Mala tempora currunt in casa Pd. L’ex ministro Graziano Delrio tenta di suonare la sveglia ai dem e offre la propria ricetta per la salvezza: definire il nuovo profilo del partito e spazio a volti nuovi. Ma la prima richiesta è quella di attribuire subito al reggente Maurizio Martina pieni poteri.
Sabato prossimo la direzione nazionale
Il 7 luglio può trasformarsi nel giorno della svolta se i democrat, riuniti in direzione nazionale avranno la capacità di mettere da parte correnti e individualismi nell’interesse del partito. Il primo passo per rinascere dalla ceneri, laddove fose ancora possibile, è agire subito assegnando a Martina un mandato pieno. “Adesso basta rinvii. Martina – tuona Delrio – va eletto segretario con pieni poteri già all’assemblea di sabato. Avrà una sua segreteria e una sua squadra. Poi, prima del congresso, si deve costruire una nuova identità del Partito democratico”.
Congressi regionali in autunno, ma come?
Senza la legittimità di un mandato pieno a Martina, che ha annunciato congressi regionali prima di quello nazionale, il Pd rischia l’ennesimo macello. I democrat non sono mai stati bravi a individuare candidati unitari per la guida del partito, nazionale, regionale o provinciale, poco conta. Hanno sempre atteso i congressi per le rese dei conti tra capibastone. Senza un segretario nazionale in grado di ridisegnare il Pd, la battaglia rischia di lasciare troppi morti e feriti a terra impoverendo ulteriormente il partito.
Delrio l’utopista
“Il Pd lo salviamo uniti. Penso ci sia bisogno da parte di tutti, anche di Prodi, del metodo socratico. Di una partecipazione che aiuti i giovani a crescere accompagnandoli nel percorso. Cinque anni fa con Renzi mi misi a disposizione. Adesso ci vogliono facce totalmente nuove e una nuova identità”. Spiega il democrat dimenticando che la rottamazione renziana ha prodotto lo sfacelo poiché al vecchio non c’è stata la capacità di far succedere il nuovo.
L’avvertimento del capogruppo alla Camera
“Non ho candidati buoni – spiega Delrio – se non sulla base di una piattaforma condivisa che andrà discussa con la società italiana tutta da qui a ottobre, quando partirà il percorso di un congresso e di un confronto tra persone. Zingaretti è una persona di ottima qualità, lo è anche Serracchiani per fare un altro nome uscito in questi giorni. Ma non voterei nemmeno il mio migliore amico se prima non si definisce il profilo del Pd”. Con questa affermazione è chiaro che l’ex segretario Matteo Renzi ha un uomo in meno su cui puntare per ‘riprendersi’ il partito.