ANKARA – Il governo della Turchia ha licenziato oltre 18mila dipendenti pubblici. La metà sono poliziotti sospettati di legami con gruppi terroristici. La misura é stata presa con un decreto d’emergenza pubblicato oggi sulla Gazzetta Ufficiale del Paese.
I dettagli e le motivazioni dei tagli
Tra il personale licenziato in Turchia, 18.632 persone in tutto, ci sono quasi 9mila poliziotti, circa 6mila militari e centinaia di professori e accademici. I loro passaporti verranno annullati. Il decreto odierno reintegra inoltre 148 persone che erano state licenziate attraverso decreti d’emergenza.
Il precedente di dicembre
Un’epurazione di questo tipo in Turchia si era verificata lo scorso dicembre, a un anno e mezzo dal golpe fallito. Oltre 2.700 dipendenti pubblici, tra cui militari e personale universitario, vennero licenziati sempre per presunti legami con gruppi terroristici. Il provvedimento riguardò 637 militari, 360 membri della gendarmeria e 150 fra accademici e personale universitario.
Le motivazioni e destinatari dei provvedimenti
I destinatari dei nuovi provvedimenti sono stati licenziati per presunti “legami con gruppi terroristici o per l’appartenenza a organizzazioni ritenute una minaccia per la sicurezza nazionale”. Tra le persone epurate anche 392 insegnanti, 341 imam e altre personalità religiose e 245 membri del Ministero della Giustizia. Colpite pure 14 organizzazioni della società civile, due quotidiani locali e un centro di cardiologia.
Ankara punta il dito contro Gulen
Nel Paese prosegue dunque l’ondata di purghe cominciata all’indomani del tentato colpo di Stato del 2016, la cui mente secondo Ankara sarebbe Fethullah Gulen, il magnate e predicatore islamico che dal 1999 si è imposto l’esilio negli Stati Uniti. Ad oggi sono circa 50mila le persone arrestate e oltre 110mila i dipendenti pubblici licenziati per presunti legami con Gulen. Quest’ultimo, però, dagli Usa continua a negare qualsiasi suo coinvolgimento nel golpe.