Di Maio: “Revocheremo le concessioni ad Autostrade per l’Italia. Non si può morire pagando il pedaggio”

"Non pagheremo alcuna penale". Il vicepremier: "Non hanno rispettato gli obblighi del contratto". L'intervento di Di Maio a Radio 24

Foto Marco Alpozzi/LaPresse

ROMA – “Non è possibile che in questo Paese si vada a morire pagando il pedaggio”. E’ chiara l’intenzione di Luigi Di Maio: revocare le concessioni ad Autostrade per l’Italia. L’azienda dei Benetton ha invitato chi la incolpa a moderare i toni: i duri attacchi mettono in agitazione i mercati. E stamattina hanno già reagito ‘male’. Atlantia per ora non è riuscita neppure ‘a fare il prezzo’. Ma prima ancora del Governo, ha spiegato il vicepremier, “la Borsa aveva già condannato Autostrade per l’Italia. Quel ponte andava chiuso prima che avvenisse questa tragedia. Se non sono in grado di gestire questi tratti vorrà dire che lo farà lo Stato. Incassa 6 miliardi all’anno ma non vengono tutti spesi per la manutenzione”.

Le concessioni da revocare e il rischio penale

Recidere il contratto potrebbe avere dei duri contraccolpi finanziari. C’è il rischio che lo Stato paghi a Benetton una penale di 20 miliardi di euro. “L’accordo prevedeva degli obblighi, ma non sono stati rispettati. La procedura di revoca è stata avviata perché c’è una motivazione”. Dunque per Di Maio il rischio di dover far fronte una sanzione a 9 zeri non c’è.

“Ieri – ha aggiunto il politico di Pogliano d’Arco – abbiamo varato il primo decreto per dare 6 milioni di euro alla città e alla Regione. Nomineremo un commissario con poteri speciali. Sono due i problemi: le vittime e le imprese della zona che non hanno più un asse di trasporti per lavorare”.

“Incontreremo virtualmente i Benetton – ha spiegato Di Maio a Radio 24 – quando concretizzeremo la revoca. Non penso che serva una nuova Iri. Lo Stato quando vuole può gestire in autonomia asset strategici. Magari non ci guadagnerà denaro, ma offrirà un servizio ai cittadini”.

La Gronda

Il capo del Mise si è difeso anche da chi ha incolpato i grillini di aver detto no alla Gronda (la struttura che prima sarebbe dovuta essere alternativa al ponte Morando, poi invece inglobare il ponte di Genova sgravandola dal traffico). “La Gronda – ha concluso il vicepremier – era pronta per il 2030. Voglio sapere in quali condizioni chi l’ha progettata voleva far continuare a passare le auto sul ponte Morandi”.

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