Concessioni Autostrade, favori e svendite di Stato

Troppi tuttologi, troppi incompetenti, troppi arrabbiati sociali che, collegati tra di loro, si sono fatti opinione pubblica che orienta e condiziona la stampa nonché il consenso e le scelte politico-parlamentari

ROMA (di Vincenzo D’Anna) – Ho postato sulla mia bacheca Facebook sia la ripresa televisiva che lo stenografico di due miei interventi tenuti nell’aula del Senato nel mese di ottobre del 2014. Uno di questi si è rivelato, purtroppo, profetico al riguardo delle assurde procedure con le quali lo Stato rinnova le sue concessioni Autostradali.
Il rinnovo delle concessioni nel dl ‘Sblocca Italia’
A quel tempo giunse in Aula, nell’ambito di un più vasto decreto legge denominato “Sblocca Italia”, il rinnovo trentennale della concessione per le Autostrade del Nord alla ditta Marcellino Gavio per un importo di 3 miliardi di euro. A parte la mancanza di una qualsivoglia procedura ad evidenza pubblica, si evidenziava tanto l’abnorme lasso di tempo del rinnovo concessorio, quanto il discutibile importo di una cifra economica priva di un qualsivoglia aumento, oppure di indicizzazione, nel corso della durata della concessione nel tempo. Insomma, la cosa somigliava più ad una delle tante svendite a privati di pezzi dello Stato che ad una gara d’appalto nell’interesse dello Stato medesimo.
Uno schema senza atti
Quello che più sorprendeva era la mancanza agli atti dello schema di concessione, attraverso il quale i senatori avrebbero potuto avere tutti gli elementi di valutazione nonché le modalità di attuazione della concessione. Purtroppo, in quella circostanza la legge dei numeri della maggioranza si impose, tacitando le proteste e le rimostranze. Temo che anche il rinnovo della concessione per le altre Autostrade italiane si sia svolta coi medesimi criteri. Ora sono molti gli smemorati e molti gli ipocriti allorquando si chiedono attoniti chi e come dovesse manutenere quel maledetto ponte sul quale transitava tutto il traffico autostradale diretto in Liguria nonché al valico di Mentone per la vicina Francia. Milioni di auto su di un ponte costruito più di mezzo secolo prima, mediante un discutibile progetto tecnico contestato già a quel tempo. Una sciatteria di Governo che diventa cosa diversa e più grave allorquando il nome del concessionario compare nella lista dei facoltosi sostenitori di talune forze politiche. Ma non basta, si deve aggiungere un’altra motivazione che risiede nella generale sciatteria e nella diffusa superficialità di giudizio e di protesta, potenziata attraverso i social, che si è affermata nella coscienza civica di ciascuno degli Italiani.
La colpa di chi si oppone a tutto
Troppi tuttologi, troppi incompetenti, troppi arrabbiati sociali che, collegati tra di loro, si sono fatti opinione pubblica che orienta e condiziona la stampa nonché il consenso e le scelte politico-parlamentari. Se la variante cosiddetta di Gronda, già progettata e finanziata, non si è realizzata, consentendo la chiusura del Ponte Morandi e l’effettiva valutazione dello Stato dell’arte e delle possibili manutenzioni e messa in sicurezza, è colpa di quel movimento di opinione che da tempo si mobilita e si oppone a tutto quel che viene proposto in termini di grandi opere pubbliche. Il motto di questa massa di persone, improvvisati tuttologi, esperti ecologisti, economisti, sociologi, politologi, sembra essere “Sempre e comunque contro chiunque”. Quando si arriva ad osteggiare ed impedire la realizzazione di nuove grandi opere, a fronte di una domanda di servizi che si è moltiplicata nei anni, c’e’ qualche qualcosa che non funziona.
La caccia al capro espiatorio
Oggi è facile individuare, col gioco del cerino, chi sia il politico, oppure il tecnico Ministeriale a cui addossare una responsabilità finale, i morti e lo sdegno popolare lo richiedono. E tuttavia questo comune sentire, questo diffuso dolore, non deve essere un lavacro collettivo, il solito capro espiatorio che colma in ciascuno un benché minimo esame di coscienza. Molto spesso il familismo amorale, che chiede di soddisfare gli interessi particolari, familiari e di categoria sociale, guida l’agire di cittadini e clientes, che di mestiere fanno gli elettori e d’un tratto diventano giudici intransigenti degli altri.
Il rischio di altre tragedie
Troppi i furbi e gli intransigenti che si appellano allo Stato dopo averlo circuito e beffeggiato, quei morti di Genova sono uguali a tanti altri morti per calamità ed incuria degli uomini e di chi li governa. Meritano certo uno Stato più efficiente e meno burocratico, più moderno e meglio gestito secondo criteri di merito e di efficienza, uno Stato che ha bisogno di cittadini onesti e virtuosi, che non si indignino a tempo determinato solo innanzi a delle bare. Gli applausi che in Chiesa hanno accolto Matteo Salvini (il cui partito è stato per 14 anni al Governo) e Luigi Di Maio (il cui partito si è opposto alla variante di Gronda ed a tutto quel che si è proposto come grandi opere in questi anni), lasciano intendere che ci saranno altre tragedie.

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