MILANO – Quando a 19 anni centrò il sette di una porta del Santiago Bernabeu a 178 km/h il mondo nono ebbe dubbi: “Questo lungaccione brasiliano è un fenomeno”. Adriano Leite Ribeiro era un predestinato del pallone, poi però le cose non sono proprio andate come si pensava. L’ex ‘Imperatore’ dell’Inter ha vissuto un paio di annate ai massimi livelli, salvo poi finire immischiato in scandali che con il pallone avevano poco a che fare.
“Andavo ubriaco agli allenamenti”
Con la sfera attaccata a quel mancino dorato, Adriano era capace di incantare gli stadi di tutto il globo. E al tempo stesso di spaventare, con la sua mole fisica, i malcapitati difensori. Poi però il talento è stato sopraffatto dai vizi e Adriano è entrato nel tunnel delle parabole discendenti. In una recente intervista rilasciata alla rivista ‘R7’, Adriano è tornato a parlare del suo periodo all’Inter.
“Andavo ubriaco agli allenamenti – ha detto il brasiliano – Non volevo mostrare la mia situazione, ci tenevo a non saltare gli allenamenti. Eppure poi mi presentavo in quello stato e così lo staff mi portava a dormire in infermeria”. Che poi è come dire che l’Inter lo copriva per mantenere alta la reputazione della società. “Nascondevano alla stampa la mia condizione dicendo che ero infortunato – ha aggiunto Adriano – Venivo trascinato ogni sera ai festini con donne e alcol”.
“La morte di mio padre mi ha distrutto”
Nella vita, non solo professionale, di Adriano un passaggio cruciale è stato segnato da un lutto. “La morte di mio padre mi ha distrutto, mi sentivo solo. Trovavo felicità solo bevendo, lo facevo ogni notte. Ero triste e depresso in Italia: così ho cominciato a bere. Era l’unica cosa che mi rendeva felice, bevevo di tutto: whisky, vino, vodka, birra. Specialmente birra, tantissima. Non riuscivo a smettere e così ho dovuto lasciare l’Inter”. Poi però ha deciso di tirarsi fuori da questo vortice ed è tornato nel suo Paese: “Tornato in Brasile ho rinunciato a milioni, ma finalmente ho rincontrato la felicità”.