ROMA – Da 23 anni ‘Cronache’ resiste agli attacchi, alle minacce, agli attentati della camorra. I giornalisti lo mettono in conto. Chi fa informazione con coraggio e competenza, chi lo fa con la schiena dritta, impara a lavorare anche in queste circostanze. Ma dopo l’avvio della causa per plagio contro Roberto Saviano, i nostri giornalisti hanno dovuto fare i conti con la macchina del fango azionata dai poteri forti che proteggono e promuovono il dogma dell’infallibilità dello “scrittore”.  Tuttologo, star dell’antimafia di professione che diffonde il verbo mondialista e buonista di “casa” De Benedetti. Repubblica, L’Espresso, Fabio Fazio, Mondadori.

Il premio Atreju 2018

Il “brand” Gomorra/Saviano ha prodotto soldi e continua a produrne. Mettersi contro questo sistema non è una passeggiata. Ne ha parlato ieri il direttore editoriale di Cronache Ugo Clemente all’Isola Tiberina, a Roma. È stato invitato dalla leader nazionale di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni perché ritirasse il premio Atreju 2018, assegnato alla redazione di Cronache di Napoli e di Caserta.  Un riconoscimento all’impegno di chi fa Anticamorra senza scappare, in Campania, ed è stato insultato da Saviano dopo che questi ha saccheggiato il suo lavoro per scrivere il romanzo Gomorra. Sono saliti sul palco, oltre a Clemente, i giornalisti Simone Di Meo e Filippo Facci e don Luigi Merola.

All’evento erano presenti anche il direttore responsabile di Cronache Gianluca Rocca e Giuseppe Tallino, il cronista recentemente minacciato dal boss di Mondragone Augusto La Torre.

La storia di Gomorra

Molti conoscono Gomorra, ma non sanno come è nato il libro scritto da Saviano. Nel 2004 l’autore chiese di consultare gli archivi di Cronache. Fu accolto in redazione con una chiara raccomandazione: qualora il materiale messogli a disposizione (articoli e atti) fosse stato utilizzato per la stesura di un libro da mettere in commercio, Saviano avrebbe dovuto citare la fonte. L’opera uscì nel 2006, ma l’autore aveva “dimenticato” di citare la redazione di ‘Cronache’ tra le fonti per il libro.

Gli articoli di Di Meo

Ad accorgersi del plagio fu Di Meo. Dopo di lui, anche altri denunciarono la scorrettezza commessa da Saviano. Nacque così un contenzioso, risolto in Cassazione con la condanna definitiva per plagio. Nel frattempo, durante tutto l’iter giudiziario, Saviano ha cercato di delegittimare Cronache con attacchi violenti. “Abbiamo saggiato sulla nostra pelle la  potenza di fuoco del sistema che protegge Saviano – ha spiegato il direttore di Cronache – Ci siamo attivati per difendere il nostro lavoro e ci siamo scontrati con la macchina del fango”.

Le minacce dei boss

La redazione ha continuato a raccontare la verità nonostante le minacce. “Ci hanno minacciato criminali di grosso calibro – ha ricordato Clemente – siamo stati oggetto di intimidazioni da parte di Sandokan, boss del clan dei Casalesi. In carcere invitava tutti a non comprare il nostro giornale. All’epoca in edicola l’edizione di Terra di Lavoro si chiamava Corriere di Caserta”.

“Nel 1999 i due boss latitanti Iovine e Zagaria si incontrarono per telefonare al giornalista Carlo Pascarella – ha ricordato ancora il direttore editoriale di ‘Cronache’ – Gli dissero: ‘La devi smettere di scrivere stronzate’. Pascarella, collega con la ‘C’ maiuscola, non uno come Fabio Fazio o Saviano, chiese loro dove si trovassero in quel preciso istante e loro dissero di essere in America. Non si merita il trattamento che gli è stato riservato da Saviano, Fazio e De Benedetti”. “Noi abbiamo aspettato pazientemente che la vertenza si concludesse e che la Cassazione ci desse ragione. Ma Saviano non ha mai chiesto scusa per i suoi attacchi strumentali”.

Tra i premiati c’era anche Di Meo, citato da Saviano solo a partire dalla undicesima edizione di Gomorra. “Questo premio vuole rendere giustizia ai ‘soldati’ che documentano e denunciano la criminalità organizzata e derubati dai ‘copia e incolla’ di Saviano – ha spiegato Di Meo – La battaglia è stata lunga. Saviano mi ha definito come un giornalista che minaccia le istituzioni democratiche, lanciando nei miei confronti un’accusa infamante. Purtroppo, in Italia, Saviano è diventato un profeta in grado di attribuire patenti di moralità. Tuttavia io invito tutti a continuare a contestarlo senza sosta”.

Il monito di don Merola

Nel suo breve discorso don Merola, invece, ha spiegato quanto sia difficile svolgere il lavoro di prete di frontiera. “Gomorra – ha raccontato – è stato devastante. Spesso vengo invitato a parlare come prete anticamorra come se gli altri fossero pro. Vedendo Gomorra-la serie in tv anche i miei ragazzi hanno scelto le stesse acconciature di Genny e Ciro (i personaggi della fiction, ndr). Anche io ho visto la serie e posso dire che ai ragazzi offre davvero dei pessimi modelli”.

La posizione di Facci

Pure Facci, all’inizio sostenitore di Saviano, ha affermato che “alla fine sono arrivato alle vostre stesse conclusioni. Mi chiedo chi sia Saviano e come sia stato possibile che per autoproclamazione sia diventato un’autorità morale. Quando Gomorra fu pubblicato, io dissi che la destra non doveva commettere l’errore di lasciarlo alla sinistra. Certo, non conoscevo le cose di cui ha parlato stasera Clemente. Oggi criticare Saviano non è più una bestemmia. E neppure dire che la serie offre modelli negativi. È fatta anche piuttosto bene, io l’ho vista. Dovrebbero evitare, però, di venirci a raccontare che chi la guarda rimane impressionato negativamente dalla camorra ed è spinto a rifiutarla”.

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