L’India depenalizza l’adulterio, la Corte Suprema: “Offende la dignità delle donne”

(LP - Xinhua/Tumpa Mondal)

NUOVA DELHI – L’adulterio non è più considerato un crimine in India. Un piccolo passo in avanti per la nazione e un grande passo in avanti per i diritti umani e la parità dei sessi, dopo la depenalizzazione del reato di ‘omosessualità’ e l’abolizione del divorzio unilaterale. La Corte Suprema ha cancellato l’articolo 497 del codice penale. La violazione del vincolo coniugale viene quindi depenalizzata. Secondo i magistrati l’articolo è incostituzionale. A venire abolito è stato il comma 497, che concedeva soltanto al marito il diritto a citare in giudizio l’amante della moglie e non viceversa. “Offende la dignità delle donne” ha commentato il giudice supremo Dipak Mishra. La richiesta accolta dai giudici è partita da Joseph Shine, uomo d’affari indiano residente in Italia.

La sfida di Joseph Shine, emigrante dall’India in Italia: “Le donne non sono oggetti”

E’ una decisione storica quella presa dalla Corte Suprema dell’India. Un atto che si inserisce nel recente movimento per l’affermazione dei diritti civili. A sfidare la legge è stato Joseph Shine. Uomo di affari di origini indiane emigrato in Italia, il 41enne ha chiesto lo scorso agosto l’abolizione della legge. L’uomo ha dichiarato ai giudici che non solo la legge impediva agli uomini di avere relazioni con donne sposate, ma considerava le stesse come un oggetto. “Le donne speciale non sono un caso speciale allo scopo della prosecuzione del reato di adulterio – è la sua argomentazione. – La legge discrimina indirettamente il sesso femminile. Il comma presume infatti che siano di proprietà degli uomini”.

La risposta della Corte Suprema: “Il marito non è padrone della donna”

“L’adulterio può non essere la causa di un matrimonio infelice ma la sua conseguenza” è il commento del giudice Dipak Mishra. La legge, secondo la magistratura, può essere la base per cause civili per il divorzio ma non per una denuncia penale. L’intera Corte si è schierata a favore dell’abolizione del comma. “Le antiche nozioni del marito criminale e della donna vittima non possono più esistere”, ha detto il giudice Rohinton Nariman. Altrettanto duro Dy Chandraud: “Una legge che perpetua lo stato subordinato delle donne, negandone la dignità e l’autonomia sessuale”.

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