ROMA – Mentre prosegue, faticosamente, l’evacuazione di funzionari e collaboratori afghani da Kabul, l’Italia continua a lavorare per un G20 straordinario entro settembre. La fitta rete di contatti internazionali prosegue. Il premier, Mario Draghi, che nei giorni scorsi ha già avuto importanti colloqui con Angela Merkel, Vladimir Putin ed Emmanuel Macron, venerdì sera ha sentito anche il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, al centro di una bufera nel suo Paese (e non solo) per la gestione del ritiro delle truppe dall’Afghanistan che, per sua stessa ammissione pubblica, “non poteva avvenire senza che si creasse il caos”. La telefonata con il responsabile di Palazzo Chigi si è concentrata sugli ultimi sviluppi e le implicazioni della crisi, in particolare per quel che riguarda l’evacuazione dei connazionali e dei cittadini afgani vulnerabili, la tutela dei diritti umani e delle libertà fondamentali, l’assistenza umanitaria a favore della popolazione.
Draghi e Biden, inoltre, hanno discusso delle prospettive dell’azione della comunità internazionale nei diversi contesti, a partire da G7 e G20, a favore della stabilità e dello sviluppo dell’Afghanistan. Passaggi fondamentali in questa fase storica. Supportati anche dall’azione della Farnesina, con gli interventi del ministro, Luigi Di Maio, alla ministeriale del G7 e alla riunione dei ministri degli Esteri della Nato. In queste due occasioni internazionali il responsabile della diplomazia italiana ha sottolineato l’importanza di coinvolgere “tutte le parti, comprese i principali soggetti interessati e attori regionali, come Pakistan, Russia e Cina”. Infatti, tra i contatti di questi giorni, oltre al segretario di Stato americano, Antony Blinken, Di Maio ha avuto un confronto telefonico anche con il suo omologo cinese, Wang Yi, al quale ha ribadito la volontà di coinvolgere Pechino al tavolo della comunità internazionale.
Resta fermo anche un altro punto della politica estera italiana: i talebani andranno giudicati “dalle loro azioni, non dalle loro parole”. Che è sembrata una risposta, indiretta, alle parole dell’ex premier e neo presidente del M5S, Giuseppe Conte: “Dobbiamo coltivare un serrato dialogo col nuovo regime, che appare, quantomeno a parole, da alcuni segnali che vanno tutti compresi, su un atteggiamento abbastanza distensivo”. Frasi che hanno scatenato le polemiche. Il dibattito politico, seppur in toni sotto le righe, si è acceso. Critiche sono piovute da Forza Italia, Italia viva e Lega, ma anche il Pd ha preso le distanze. Conte ha provato a raddrizzare il tiro, accusando alleati e avversari politici di “strumentalizzare” le sue parole, ma il fuoco di fila è andato avanti. Nonostante il tentativo di un pezzo di Cinquestelle di chiarire le opinioni del nuovo leader.
Che almeno da questo punto di vista può contare sulla ‘mano tesa’ di Alessandro Di Battista. L’ex M5S, infatti, è tornato a scrivere di Afghanistan, esprimendo una posizione non distante da quella di Conte: “Ai talebani di essere ‘riconosciuti’ importa poco o nulla – si legge in un suo intervento su ‘Tpi’ -. Sono i vincitori della guerra in Afghanistan e, piaccia o non piaccia, se si vuole avere un minimo di influenza su una terra strategica o se, banalmente, si vuole dar seguito alle dichiarazioni contrite e mettere in piedi corridoi umanitari per migliaia di profughi, bisogna parlare con loro. Punto”. Diametralmente opposta la posizione di FdI: “Il portavoce ufficiale dei talebani in Afghanistan si chiama Zabihullah, letteralmente ‘Sgozzatore di Allah’ – dice il deputato, Edmondo Cirielli -. Non credo, al contrario di quanto paventato da Conte, che l’Europa e l’Occidente possano soltanto immaginare di avviare un dialogo con una persona che porta un nome del genere”.
Il centrodestra di governo, sull’asse sempre più forte tra Matteo Salvini e Silvio Berlusconi, ha una posizione chiara. Rafforzata dopo il doppio incontro di venerdì sera e questa mattina tra i leader di Lega e FI: “Sostenere l’accoglienza dei più fragili in fuga, a partire da donne e bambini, senza spalancare le frontiere in modo indiscriminato e senza concedere nulla ai talebani”. Ma per raggiungere l’obiettivo “sarà necessario un intenso lavoro diplomatico – spiegano -, che peraltro Berlusconi e Salvini stanno già facendo, per richiamare anche gli altri Paesi alla responsabilità”.
Di Dario Borriello