Tirando le somme, secondo il Movimento 5 Stelle se i soldi pubblici vengono spesi per la trasmissione in streaming di lavori parlamentari, congressi, processi e tanto altro (senza pubblicità) è uno spreco, per cui è giusto che Radio Radicale (come altre 51 testate) chiuda i battenti. Se servono per pagare uno stipendio vergognoso a una persona sola, e nello specifico a Fabio Fazio, è tutto regolare. Non si spiega altrimenti la presenza del Ministro della Disoccupazione Luigi Di Maio, domenica sera, da Fazio. Proprio lì, a “Che tempo che fa”, titolo azzeccatissimo per almeno due ragioni. Prima di tutto perché condotto da un ex imitatore televisivo, poi giornalista e, da quando ha gettato il tesserino per fare pubblicità alla Telecom, non si sa bene cosa. Uno che, sia nella storia del cabaret sia in quella dell’informazione, ha lasciato esattamente il tempo che ha trovato. Secondo perché, poco avvezzo alle domande scomode ma insuperabile nell’arte di mettere l’ospite di turno a proprio agio, soprattutto quando è potente (memorabili le “interviste” a Berlusconi e a Marchionne), Fazio attraversa indenne le diverse stagioni politiche. Consolidando, e in alcuni casi anche rafforzando, la sua posizione nella tv di Stato. Cose che raramente accadono ai giornalisti degni di questo nome. Uno che sa come cadere in piedi, il “sinistro” Fazio, anche quando tira aria di maccartismo. E dire che una volta, per Beppe Grillo, il suo conterraneo era il demonio. Anzi, peggio, lo stuoino del “PdmenoL”. “Quando Fazio afferma ‘io faccio guadagnare la mia azienda’ a chi si riferisce? Alla Endemol? Dice che si guadagna i suoi soldi con la pubblicità. Il suo contratto è stato rinnovato per tre anni per 5.400.000 euro, cioè 1.800.000 all’anno. Un insulto alla condizione del paese e ai lavoratori della Rai”, diceva il comico genovese nel 2013. Poi il tema del compenso del “conduttore” è sparito, come altre cose, dai piani militari grillini. D’altra parte quel contratto sciagurato fu sottoscritto sotto lo sguardo vigile dell’allora presidente della commissione di Vigilanza Rai: Roberto Fico. E il Movimento ha premiato quest’ultimo indicandolo per la presidenza della Camera. Misteri della fede. Altri tempi quando i grillini venivano cacciati a calci se partecipavano alle trasmissioni televisive. Memorabile il post sessista di Grillo quando, era il 2012, Federica Salsi venne espulsa dal Movimento perché aveva osato andare a Ballarò. Fu accusata di averlo fatto per stimolare il suo “punto G” (punto particolarmente sensibile della vagina, giusto per sottolineare la “finezza”), definito come “quello che ti dà l’orgasmo nei salotti televisivi”. Oggi Di Maio omaggia Fazio con la presenza di un vicepremier nella sua trasmissione. Si fa “intervistare” da uno che non ha voluto fare il giornalista per intascare i soldi (tanti) della pubblicità di un privato, non contento dei due milioncini pubblici l’anno. E intanto si preparano a chiudere circa 50 giornali, ciascuno dei quali dà lavoro a decine e decine di giornalisti. Tanto per dare un’idea delle proporzioni, i fondi pubblici per il pluralismo dell’informazione erogati ogni anno erano circa 50 milioni. Divisi tra 50 testate fa circa un milione di euro l’anno per ogni testata di media. Cifre che vengono utilizzate per coprire solo una parte dei costi di produzione. Un milione l’anno per una redazione intera, mentre Fazio guadagna due milioni e 240mila euro l’anno. Insomma, deboli con i forti e forti con i deboli. Mansueti coi grandi gruppi editoriali che non prendono finanziamenti pubblici diretti ma controllano l’informazione. Spietati con Radio Radicale e con le piccole testate indipendenti.