TIRANA – I gruppi d’opposizione tornano in piazza in Albania. Dopo l’assalto di sabato alla sede del governo di Edi Rama i manifestanti sono pronti a scendere in strada per protestare contro i presunti brogli elettorali, la corruzione e la crisi economica.
Una data a dir poco simbolica per il Paese. Nel 1991 in questo stesso giorno veniva infatti abbattuta la statua del dittatore comunista Enver Hoxha. A protestare il Pd del centrodestra guidato da Lulzim Basha e fondato dall’ex premier Sali Berisha. Insieme a loro anche il Movimento socialista per l’integrazione Lsi del centrosinistra, compagine guidata dal presidente della Repubblica Ilir Meta.
I due partiti chiedono le dimissioni dell’attuale primo ministro Rama, capo del partito socialista d’Albania.
L’assalto di sabato tra violenze e arresti, Tirana in preda ai disordini come Caracas
La situazione a Tirana sembra surriscaldarsi ogni giorno che passa. Il ritorno dei manifestanti dopo l’assalto alla sede di governo di sabato non è certo un bel segnale per il Paese. Arresti e dimissioni hanno scosso la Capitale. Il tribunale di Tirana ha condannato sei dei 19 manifestanti arrestati al carcere. A formare i manifestanti, con l’uso dei lacrimogeni, gli uomini della Guardia repubblicana.
Dimissioni per 62 deputati democratici, Basha: “Non può esistere un parlamento di facciata”
Dopo le proteste 62 deputati democratici, accogliendo la proposta di Basha, hanno dichiarato in blocco di voler rassegnare le proprie dimissioni. Lo scopo è quello di costringere il premier a lasciare. Per le opposizioni l’ideale sarebbe instaurare un governo transitorio, per garantire elezioni anticipate.
“Non si tratta di semplici dimissioni. – ha dichiarato Basha – Il fatto è che non ci sarà più un Parlamento, non può esisterne uno di facciata”. Simile l’opinione di Monika Kryemadhi, deputata Lsi: “Rinunciare ai mandati è l’unica soluzione che abbiamo”.